QUATTRO CAZZI PER ME….
rilasciato 23.09.2014 in categoria sesso raccontoHo un culo da donna, me lo dicono tutti, rotondo, sodo, che forma una perfetta attaccatura con le cosce, un culo insomma da prendere, da violentare.
E’ stato il mio “ingombrante” culo da femmina ad aprire pian piano, già all’età di sedici anni, una voragine nella mia personalità sessuale apparentemente univoca. Passavo ore a fissarlo e mi eccitavo con ciò e finivo per masturbarmi. Vestivo il mio culo con perizoma, lo ingabbiavo in un reggicalze, lo valorizzavo con una sottoveste o baby-doll (cose che all’inizio sottraevo a qualche zia avvenente), tutto ciò al solo fine ripeto di masturbarmi.
Non cercavo su riviste porno l’ispirazione per una sega, mi bastava guardare il mio culo.
Ad un certo punto però ho sentito altro, un prurito sessuale nuovo, sconvolgente, assolutamente innato. La colpa o il merito (lascio giudicare a voi) è da attribuire ad un mio amico coetaneo.
Allora avevamo diciott’anni ed eravamo in un negozio di profumi nei giorni precedenti a San Valentino, infatti lui doveva acquistare un regalo per la sua fidanzata.
Senza accorgermene mi ero messo chino sul bancone della cassa, poggiato sui gomiti, la schiena inarcata e il culo inevitabilmente all’aria. Non era la prima volta che mi sorprendevo in queste posizioni, ma non destavano in me molta preoccupazione inconsapevole allora di quello che sarei diventato.
Ad un certo punto sentii una forte pressione contro di me da dietro e allo stesso tempo sentii una punta più dura che premeva tra le mie natiche.
Il mio amico in maniera molto disinvolta e intelligentemente equivoca me lo aveva poggiato sul culo.
La sensazione fu sconvolgente, sembrava che il buco del mio culo si stesse bagnando, lubrificando per permettere al cazzo di entrare, ero a pecorina e sentivo che avrei potuto godere se fossi stato impalato come una troia.
L’immaginazione non ebbe seguito reale, il mio amico non fu chiaro nel suo gesto ed io ero troppo influenzabile per fidarmi delle mie sensazioni, tant’è che tra Claudio Adv e me non c’è stato mai niente.
Al di là di questo per me fu la scintilla, gli albori di una nuova mia dimensione che solo ora, a distanza di tanti anni, vivo a pieno.
Il passaggio mentale dal sognare di essere scopata tra le natiche e l’immaginare un cazzo tra le mani o in bocca fu brevissimo.
Cominciai sempre più a sviluppare queste fantasie nella maniera in cui la mia indole mi dettava.
Se fossi stato con un uomo volevo non solo riempirmi la bocca del suo cazzo ma anche bere la sua sborra.
Speravo di essere scopata di fronte ad uno specchio, speravo in un cazzo enorme che a fatica entrava nel mio culo, tanto da farmi male…..ero estasiato dall’immaginare il cazzo che mi riempiva, dall’immaginare che il mio orefizio era allo stremo della sua dilatazione. Sognavo spesso un cinema dove fare un pompino durante la proiezione del film, in mezzo a tutti e sotto gli occhi di tutto.
Immaginavo il mio uomo che mi prendeva ai fornelli oppure mentre facevo le pulizie.
Mi piaceva l’idea di una troia, di una puttana, quelle vere che non si fanno pagare il cui solo interesse è sentirsi donna, nata per soddisfare gli uomini.
A queste fantasie poi più in là aggiunsi alcune idee di sadomaso molto soft, mi sarebbe piaciuto essere tirata per i capelli quando fossi stata scopata a pecorina, o essere tenuta immobile con la testa per evitare che la mia bocca sfuggisse ad un caldo spruzzo di sborra.
Ancora immaginavo di avere i polsi legati, o meglio ancora di essere stretta in uno di quei nodi che fanno del corpo un angolo retto e così essere distesa di fianco sul letto e prenderlo dietro.
Con tutte queste fantasie la prima e più diretta conseguenza fu quella di curare il mio corpo, acquistavo creme, trucchi, lingerie, tacchi a spillo e parucche, mi depilavo. Volevo essere una troia insaziabile. Come per magia, questa sfrenata attività cerebrale si trasferiva sul mio culo rassodandolo ancora di più, quasi come che pensare di essere sfondata da nerchie violacee mi modellava il sederino da vera puttana in calore.
Avevo una doppia vita insomma, ma non nel senso di vite separata, svesti una e indossi l’altra, ma nel senso che queste due vite mi accompagnavano ( e mi accompagnano) contemporaneamente senza soluzione di continuità.
A scuola prima e all’università poi, indossavo (e indosso; ora al lavoro) reggicalze, perizoma, calze velatissime, sottovesti, tutto celato sotto panni maschili.
Ancora un altro dato è interessante della mia adolescenza, fino ai 21 anni, data della storia che ancora non vi ho raccontato, un po’ di pazienza.
Premetto che la scuola l’ho frequentata in un paesino di provincia, ecco perché la mia attività sessuale era nulla, lavoravo solo di immaginazione. Fino al momento in cui ho pensato di potermi divertire con pratiche masturbatorie un po’ sofisticate. Acquistavo chili di melanzane (nere e grosse; per la penetrazione è la cosa migliore dopo il cazzo e prima dei falli finti).
Le fissavo in modo tale che inevitabilmente una mi finiva nel culo e l’altra nella bocca, in modo da avere le mani libere e potere assumere così ogni posizione.
Ero la troia di due grossi cazzi che mi scopavano in reggicalze e tacchi a spillo. A volte mi masturbavo e mettevo la sborra sulle due melanzane, era eccitante, quei fiotti caldi su quella superficie nera, sembrava che stessi realizzando le mie più perverse fantasie, bere sborra e il culo rosso dalle dimensioni della melanzana. Continuavo così per ore, cambiando posizioni, alla fine ero sfinita e sentivo delle voci che mi dicevano, – quanto è puttana, scommetto che avrebbe preso due cazzi contemporaneamente nel culo-.
Arrivo così ai 21 anni, baldracca, sfondata e mai sazia.
Era una mattina universitaria come tutte le altre, corsi, amici e qualche caffè tra lo spacco di una lezione e l’altra. Indossavo sotto i jeans un reggicalze di pizzo nero e delle calze velate color carne con la riga verticale sul dorso delle gambe, la culotte era di colore nero doverosamente portata sopra al reggicalze (infatti pensavo che una troia non può essere scopata senza reggicalze, quindi in quelle occasioni doveva essere agevole sfilare lo slip), sopra avevo un corpetto anch’esso nero a tono col reggicalze.
Aggiungo che era una giornata di inverno, e che i maglioni di lana e il freddo aiutano a indossare gli indumenti intimi.
Nonostante la mia voglia di vivere una esperienza vera con cazzi di carne grossi e turgidi, stavo molto attento a non piegarmi troppo per paura che il perizoma saltasse fuori dai pantaloni.
Ad un certo punto della mattinata andai in bagno, il bisogno era di quelli impellenti, di quelli che richiesero un accurato svestimento e susseguente rivestimento ( i bagni erano molto sporchi, avevo premura a che i miei vestiti toccassero da qualche parte).
Sfilai la culotte e sbottonai il reggicalze per sfilare le calze sotto al ginocchio.
Quando ebbi finito dovetti ripetere il rito all’incontrario.
Avevo appena tirato su la culotte che un ragazzo entrò nel bagno senza bussare (le serrature erano rotte ed io mi ero distratto).
La visione che gli si presentò fu quella del mio culo addobbato da cagna, infatti nel rivestirmi avevo dato le spalle alla porta.
Fu un attimo, lui richiuse la porta in un istante ed io non riuscii a vederlo in faccia.
Ero in preda alla disperazione, mi vergognavo, avevo paura delle conseguenze, il mio timore era di passare per il travestito della facoltà di scienze politiche. Era il primo contatto tra Federica (il nome che in seguito sceglierò per la mia parte femminile) e la realtà esterna.
Rimasi in bagno per alcune decine di minuti, la cosa che più mi innervosiva era il non averlo visto in faccia, di non poterlo riconoscere per parlargli e di pregarlo di non dire niente.
Quando uscii il bagno era deserto, anzi l’università era deserta, raccolsi le mie cose e andai a casa (un appartamento in affitto).
Quelle successive sono state le ore più brutte della mia vita, non sapevo che fare, tant’è che per tre giorni successivi saltai tutte le lezioni.
Il giorno che mi decisi di ritornare in facoltà ero convinto a metterci una pietra sopra, sarebbe stata la mia parola contro la sua, del resto a scienze politiche avevo avuto contatti con ragazze e non sarebbe stato difficile sostenere la mia tesi di ragazzo eterosessuale.
Passarono due giorni senza che mi accorgessi di qualcosa di strano, i miei amici erano normali ( del resto poteva essere anche uno di loro) fino al punto in cui ho pensato di essermi potuto sbagliare, magari quel ragazzo che credevo mi avesse visto aveva solo percepito la presenza di una persona nel bagno e si era subito ritirato senza vedere alcunchè. Invece no, non mi sbagliavo.
Una mattina di ritorno in aula studio e riaprendo il testo di diritto pubblico c’era un biglietto che diceva:
– ciao, hai un sedere da favola, ti ho vista nel bagno l’altro giorno e ti ho tenuto d’occhio in quelli succesivi… mi intrighi fino al punto da farti una proposta.
Abito in un appartamento che dà su via Duomo, insieme ad altri tre compagni, tutti desiderosi di conoscerti. Non siamo bellissimi ma credo che a te interessino le dimensioni, uno con un culo e con vestiti così non può non sognare di essere rotto in culo. Riflettici ora stesso e lascia la tua risposta nel testo e recati di nuovo al bar. Se accetti, allora potremmo divertirci, se no stai sicuro, il tuo credo sia un segreto e con me puoi stare tranquillo-
Immaginate voi le mie sensazioni, la troia aveva fatto centro, ero eccitato desideroso di dire si, perché no, il solo pensiero che quel bastardo mi aveva pedinato tutti quei giorni mi faceva inumidire il culo e sbavare dalla voglia.
Poi sarebbero stati quattro, mamma mia quattro cazzi tutti per me, in un appartamento in cui sicuramente vogliono che sia vestita da puttana, mai avevo osato immaginare tanto. Al pensiero di cosa avrei potuto fare in quell’appartamento la vista mi si offuscò. Al di là del sesso, c’era l’aspetto di vestirmi, truccarmi, camminare in mezzo a persone vere in tacchi a spillo ( cosa che oramai mi veniva naturale). Avrei potuto liberare ogni fantasia, dalla cameriera sexy ad uno stupro di gruppo.
Correvo troppo con la fantasia, bisognava riflettere fare la cosa giusta. E avevo poco tempo, mi era stato detto di decidere subito e dovevo farlo.
Bisognava ponderare i pro e i contro (se fosse stato uno scherzo per farmi uscire alla luce?), ma non riuscivo ad essere lucido, come potevo.
Scrissi di pugno un biglietto:
– spero di potermi fidare di te, la tua, la vostra proposta è il meglio che potessi immaginare, a te la prossima mossa-
Uscii dall’aula e andai verso il bar, ero rigido, avrei voluto guardarmi intorno, ma temevo che avrei fatto un passo falso e rovinato tutto.
Per non dilungarmi, quando tornai c’era un indirizzo e un appuntamento e un –non mancare puttana-
L’appuntamento era per la sera seguente, sabato sera, trascorsi le ore facendo acquisti, rosetto, phard, smalto, una parrucca bionda per il resto possedevo già tutto.
Mi rimaneva solo una cosa da fare, un bel clistere per pulirmi l’ano per evitare brutte sorprese.
Mancava mezz’ora, uscii di casa e cinque minuti prima delle 9 suonavo al portone dei quattro.
Il bello fu che non ci fu nessuna sorpresa, erano davvero tre ragazzi in un appartamento non bellissimi ma carini, vestiti bene e profumati. Mi si presentò il mio osservatore sconosciuto, era il più grande di età, aveva 25 anni e fu lui a mettermi a mio agio.
I toni e le parole erano dure (sembrava ci fosse uno accordo tra di loro, e io fui felice che lo rispettassero, significava che gli ero piaciuto): – vuoi cambiarti puttana?- -come dobbiamo chiamarti, troia?- -ti basta troia?- feci cenno loro di si, tremavo dal piacere, dalla situazione, ero una cagna in calore che non riusciva manco a parlare.
Andai in bagno e mi vestii in modo eccitante, non troppo volgare, ma da signora di classe, da mantenuta, da signora il cui marito le organizza sesso di gruppo a sua insaputa.
Quando mi videro rimasero letteralmente di stucco.
Cominciammo col parlare del pìù e del meno, come in un comune gioco di ruolo dove ognuno faceva la propria parte alla perfezione.
Ad un certo punto mi presero e mi portarono in una stanza dove per terra c’era un grande materazzo, mi ordinarono di inginocchiarmi senza svestirmi.
Loro intanto si erano posizionati attorno a me in piedi, mi trovavo circondata e la mia bocca era a misura di quattro cazzi.
-sbottonaci i pantaloni e ti raccomando, troia, fai in modo che che la tua bocca no rimanga mai senza cazzo-
Cosi feci, quando li tirai fuori uno ad uno erano profumati e già in parte rigonfi, due sembrarono mastodontici e con una cappella che io avevo solo immaginato, gli altri due erano normali, ma no li disdegnai nemmeno per un momento.
-come sei brava, allora sei esperta, sei un puttanone di quelli che ti succhiano pure l’anima- ear sempre il più grande a parlare.
Davo il meglio di me, due in bocca e due che me li tiravo con le mani, estasiata da quello che mi capitava e che mi sarebbe capitato. Non mi fermavo mai, i cazzi diventavano sempre più grossi ed io non trattenevo quei geminti strozzati perché la bocca era piena di cazzo.
Continuammo molto, il tempo per far drizzare quattro cazzi senza farli sborrare.
Mi ordinarono di alzarmi e di togliermi la gonna e la camicetta, poi quando lo videro mi dissero di levarmi il perizoma.
Rimasi in corpetto che era un tutt’uno col reggicalze, tacchi a spillo, e faccia da troia con la bocca insaporita da alcuni segnali di eiaculazione.
Uno si sdraiò per terra col cazzo all’aria, si mise un preservativo e mi disse di salirgli a cavalcioni sopra, in altre parole ero inginocchiata sul suo cazzo e tutti e due formavamo due linne perpendicolari.
Lo guardavo in faccia mentre si apprestava ad affondare il suo fendente, gli altri erano un po’ in disparte, quasi come avessero ricevuto l’ordine di stare lontano fino a che non mi avrebbe inculato pensando che sarebbe stato lungo e problematico.
Il mio culo però fece poca resistenza, era come lubrificato, e la sensazione di quel mio primo cazzo in culo fu paradisiaca, mi sentivo piena come un dolce alla crema, andavo su e giù in un ansimare chiaro e forte.
-ragazzi datevi da fare, questa è più aperta di puttana cinquantenne-
Uno mi si mise davanti in piedi (l’altro col cazzo enorme, uno era già nel mio culo) e disse – fai un bel pompino altrimenti ti sbatto fino a domattina- non avete idea che forza ha il ricatto nella mia condizione di troia e schiava. Altri due me li ritrovai in mano, a menarli con le mani. E’ la condizione più bella che avessi mai provato.
Anche a loro piaceva infatti iniziarono un turpiloquio senza precedenti.
-prendile la testa- uno suggeriva all’altro
-fargli entrare pure le palle- e ancora – vacca meriteresti già una doccia di sborra-
continuammo così finchè ognuno non avesse ricoperto tutte e quattro i ruoli di quella stupenda posizione.
Passammo i cucina.
-ti piace alla pecorina, eh?-
Ero come drogata (per modo di dire), in completa balia di quei quattro, oramai mi trascinavano per le braccia, mi afferravano i capelli, mi strattonavano come un oggetto.
Uno di loro mi premette forte sulla schiena tando da farmi cedere sul tavolo, ero alla pecorina il mio primo desiderio, mi resi subito conto che le mie pratiche solitarie erano lontane anni luce dalla realtà, quando sentii penetrarmi dietro era la sensazione delle sensazioni, era la posizione mia naturale, lo prendevo tutto, sembrava che pure i coglioni stessero entrando. Poi quel cazzo in bocca che mi arrivò di schianto fu l’apoteosi, gli altri due guardavano il mio profilo di puttana sottomessa, i tacchi a spillo mi slanciavano in modo perfetto, il reggicalze era la ciliegina sulla torta.
Dopo tre o quattro colpi bene assestati e la bocca piena di cazzo, mi sentii svenire, stavo eiaculando, ma come, senza stimolazione? Pensai. Stavo arivando come fanno le donne, fu il coronamento di un sogno.
-guardate la puttana ha sborrato, è ora-
E’ ora? Ora per cosa? Non feci in tempo a pensarlo che mi ritrovai seduta sulla sedia e quei quattro che si sparavano una sega a 10 cm dalla mia faccia.
-ti va così? Eh, ti va?-
Non risposi, aprii la bocca e cacciai la lingua.
Prima dell’onda di sborra sentii solo –mamma, questa è proprio troia-
Dopo di questo ci calmammo, mi fecero i complimenti e mi dissero che potevo lavarmi.
Mi fecero una ultima proposta: -ti va di dormire con noi? Uniamo due materazzi per terra-
Dissi di si però al solo patto che fossi tornata a casa per un momento per prendere nuovi indumenti intimi, per la notte, dissi: -se devo dormire con voi da donna, non posso rinunciare ai miei vestiti-
Uno di loro si offrì di accompagnarmi.
Durante la notte, a turno mi svegliavano chi per un pompino, chi per chiacchierare.
Trascorsi là l’intera domenica e molti altri giorni.
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