una vecchia compagna di classe

Sofia guidava senza vedere la strada che si dipanava davanti al parabrezza della sua vecchia Polo. Sentiva tra le gambe l'umido viscido dei suoi umori misti al lubrificante del preservativo. Ancora non si capacitava di quello che era successo. Come se avesse vissuto un sogno, anche se la concretezza del liquido che le bagnava ancora la vulva le diceva che non lo era. Chi si aspettava che quella serata sarebbe andata così ? Di sicuro non lei mentre sceglieva il vestito da mettersi quella sera, optando per un semplice vestitino blu, liscio, un po’ scollato ma non troppo, che le arrivava appena sotto il ginocchio e accompagnava egregiamente la sua figura dalla vita sottile e dalle cosce tornite, mettendoci sotto un completino perizoma reggiseno carino ma anch'esso semplice e liscio e delle autoreggenti color carne , e sopra un coprispalla in tinta, o mentre completava il tutto con un trucco leggero, una catenina con appeso un pezzetto di ambra grezza, stivali bassi scamosciati e morbidi e il soprabito beige che usava abitualmente nella mezza stagione.

Non se l'aspettava certamente mentre usciva di casa trafelata, sperando di non trovare per strada il solito polentone senza un tubo da fare che a 40 all'ora bloccasse il traffico, o sarebbe arrivata in ritardo. Non che sarebbe stato un dramma, pensava, parcheggiando la macchina in una strada secondaria non lontana dalla pizzeria. Non si aspettava una serata particolarmente divertente: quando Giulia, la sua amica, l'aveva chiamata per dirle con una voce da oltretomba che aveva la febbre alta e non sarebbe venuta, Sofia aveva seriamente pensato di stare a casa anche lei.

Poi alla fine, scrollando le spalle, aveva deciso di andare comunque a quella rimpatriata con la classe delle superiori. Daniele non partecipava, e quello era sufficiente a rassicurarla sul fatto che almeno non sarebbe stata una serata sgradevole. A parte Giulia e Walter, rappresentante di classe per tutti e cinque gli anni nonché organizzatore della serata, non vedeva più nessuno. Sentiva talvolta per telefono o via email Cristina e Dario, ma non li vedeva dal giorno del diploma.

Nell'ingresso c'era solo Dario, appoggiato al bancone col soprabito di pelle nera piegato sul braccio, diverso ma in fondo ancora lo stesso. Si era irrobustito, e sotto la camicia scura si intuivano muscoli ben sviluppati.
Aveva qualche piccola ruga intorno agli occhi, i capelli ancora nerissimi, una pettinatura che gli stava decisamente meglio di quella che portava allora e un'aria sicura che nell'adolescenza non aveva mai avuto. Le sorrise quando la vide entrare, e seguì ogni suo passo con uno sguardo che le fece accelerare il battito.

A scuola l'aveva sempre guardata con innocente adorazione o con goffa lussuria, ma stasera il suo sguardo era diverso, quasi predatorio. Vedendolo così, appoggiato in modo disinvolto al bancone, Sofia si rese conto che era affascinante, e che in fondo lo era sempre stato, e si ritrovò a chiedersi come mai allora l'avesse sempre respinto. Si rese conto che era il suo essere fuori dagli schemi, e la paura del giudizio altrui su di lui, e quindi su di lei se l'avesse frequentato, che l'avevano reso meno attraente ai suoi occhi.

Paure adolescenziali che adesso, tre lustri più tardi, sembravano sciocchezze.
Improvvisamente le venne in mente una conversazione che avevano avuto più di un anno prima, via email. Lei gli aveva detto che aveva smesso di uscire con l'uomo con cui si stava vedendo all'epoca perché era noioso, Dario le aveva risposto che era un peccato che lei l'avesse sempre respinto, perché lui avrebbe saputo come farla divertire soprattutto in determinate situazioni. Sofia aveva accettato la provocazione rispondendo a tono e ne era nato uno scambio fitto di doppi sensi che l'aveva lasciata turbata ed eccitata.

Ma la cosa non si era ripetuta. Tutto questo le passò nella mente nel giro di pochi istanti, poi prima che avesse l'occasione di dirgli qualcosa la porta si era aperta di nuovo ed erano entrati Walter e altri tre ex compagni di scuola, che evidentemente erano venuti insieme. Da quel momento in poi fu un continuo «ciao come stai?», strette di mano, baci sulle guance, finché non furono arrivati tutti i quindici partecipanti alla serata e non vennero fatti accomodare a tavola.

Per tutto il tempo Sofia sentì gli occhi di Dario su di sè. Sofia si ritrovò all'ultimo posto del tavolo, spalle al muro, con Dario alla sua destra e Walter alla sua sinistra a capotavola. Di fronte aveva Cristina. Ordinarono in un caos di risa e di «ti ricordi?», e nel giro di poco arrivarono le pizze. Sofia notò che Dario, metodico, aveva diviso in fette tutta la pizza prima di iniziare a mangiare.

La donna stava addentando la seconda fetta della sua quattro formaggi quando avvertì un tocco sul suo ginocchio destro. Scomparve, e Sofia pensò che forse Cristina avesse accavallato maldestramente le gambe, ma poi sentì qualcosa che spostava la tovaglia a coprirle il grembo e il tocco riapparve qualche centimetro più in su. Le dita e il palmo di una mano le stavano massaggiando gentilmente la parte bassa della coscia, appena sotto l'orlo del vestito.

Dita e mano che non potevano appartenere ad altri che a Dario. Sorpresa, Sofia non sapeva cosa fare. Non voleva fargli fare una brutta figura dicendogli di togliere la mano lì davanti a tutti. E poi…e poi la sensazione era piacevole. Non solo la sensazione estremamente fisica del contatto, ma anche la consapevolezza di essere stata oggetto di desiderio di qualcuno per tutti quegli anni. Si sentì bella, desiderabile, e non voleva che quella sensazione finisse.

Facendo finta di nulla prese un altro pezzo di pizza, quando le dita smisero di massaggiare e scivolarono un po' più su, infilandosi sotto l'orlo della gonna e fermandosi poco sopra le accarezzarono la pelle sopra le calze, saggiando la consistenza del muscolo. Sofia masticava, sorrideva e chiacchierava con Walter e Cristina. Ma tutto il suo essere era concentrato sulla mano che si arrampicava lungo la sua coscia. Si girò verso Dario quando la sentì arrivare nei pressi del pizzo che nascondeva il silicone: voleva vedere che faccia avrebbe fatto.

Lui stava parlando con Carlo, che aveva di fronte. Quando le dita sfiorarono il pizzo, si fermarono un istante poi si mossero con più decisione, esplorando più su. Sofia lo vide trasalire impercettibilmente quando le sfiorò la pelle nuda. Soffocando il tremito dietro un sorriso, riportò apparentemente l'attenzione su Cristina. Ma l'occhio della sua mente vedeva le dita maschili che ora percorrevano la sua pelle appena al di sopra dell'orlo della calza. I muscoli pelvici le si contraevano da soli, cullando la sua eccitazione.

Ogni movimento dei polpastrelli di lui le causava brividi che si dipanavano dalla coscia all'inguine, al ventre, ai capezzoli, e la donna doveva ogni volta ricordarsi come si faceva a respirare. Soprattutto quando le leggere carezze lasciarono la parte superiore della gamba per muoversi verso la pelle sensibile dell'interno coscia. Sofia allargò le gambe, premendo il ginocchio destro contro il sinistro di Dario, lasciandogli campo libero. Unghie la graffiavano delicatamente, muovendosi inesorabili verso il centro e verso l'alto, verso il punto in cui il perizoma le copriva a malapena le labbra.

Sofia si preparò, portando alla bocca una nuova fetta di pizza proprio mentre Dario le premeva la stoffa contro la vulva, in modo da soffocare il gemito sul boccone. L'allegra confusione che regnava nella sala fece sì che nessuno notasse il suono. L'uomo le percorse le labbra con dita leggere, studiandone le fattezze, e infine seguendole fino a trovare, in cima, il clitoride teso e sporgente. Lo massaggiò a lungo attraverso la stoffa umida, e Sofia non poté che ondeggiare discretamente il bacino premendosi ritmicamente contro i polpastrelli di lui.

Forzando il respiro ad uscire regolare, forzando una parte della mente a seguire i discorsi degli altri e a formulare delle risposte. Un fremito la percorse, e in preda al panico capì che stava per avere un orgasmo. Lì, davanti a tutti ! Non era mai stata particolarmente sonora nelle sue venute, ma temeva di non essere in grado di controllare le espressioni del viso. Ma proprio un attimo prima che fosse troppo tardi, Dario sollevò le dita, posandole sulla sommità della coscia.

I loro sguardi si incrociarono per un istante, e lui fece un sorriso rassicurante, come per dire: tutto sotto controllo. Ma appena le contrazioni dei muscoli di Sofia si furono calmate, le dita ripresero la loro esplorazione, percorrendo l'orlo del perizoma e infilandosi al di sotto. Col ginocchio ancora in contatto con quello di lui, Sofia sentì un tremito percorrerlo quando i polpastrelli entrarono in contatto con la sua intimità bagnata e calda. Di nuovo la percorse, esplorando le pieghe delle labbra, il perineo, il clitoride.

Di nuovo prese a massaggiare quest'ultimo, fino a farlo pulsare, fino a causare spasmi spontanei nei muscoli perineali e nelle cosce. Di nuovo si fermò un attimo prima del disastro. E poi ancora carezze, prima di immergere un dito nella vagina e iniziare a muoverlo su e giù. Sofia credette di impazzire, e strinse le cosce intorno al polso di lui, non sapeva nemmeno lei se per fermarlo o per non farlo smettere più.

A fatica lui tirò fuori la mano, e con distacco prese una porzione di pizza dal piatto. Guardando deliberatamente la donna, lo mangiò e quando non gli rimase che un pezzetto se lo infilò in bocca insieme alla punta delle dita. Quelle stesse dita su cui gli umori di Sofia si erano appena asciugati. Sofia emise un verso strozzato, che camuffò in un finto colpo di tosse. Pochi minuti dopo Dario abbassò di nuovo il braccio, lo infilò sotto la tovaglia e riprese a sfiorarla, su fino a venire di nuovo a contatto col perizoma.

Stavolta con un gesto deciso lo scostò di lato, per avere campo libero. Per tutto il resto della cena le dita dell'uomo le sfiorarono, massaggiarono, stuzzicarono, penetrarono vagina, labbra e clitoride. Periodicamente Dario ritirava la mano, bagnata di umori sempre più copiosi, e la usava per portarsi alla bocca la pizza, o la fetta di torta. Passò il dito umido anche sul bordo del bicchiere di birra e della tazzina del caffè. Sofia era proiettata in un mondo parallelo in cui il suo cervello infiammato si muoveva nella melassa, faticando a seguire i discorsi dei commensali e a rispondere a tono, perso com'era nelle scosse di piacere che le venivano dal basso, dall'eccitazione del proibito di lasciarsi fare una cosa del genere davanti a tutti, dalla frustrazione di un orgasmo sempre sfiorato e mai raggiunto.

In cui il suo corpo, preda di saette di piacere, lottava per restare il più possibile immobile. Insomma non capiva più nulla. Ripensandoci a posteriori, mentre guidava verso casa – o meglio mentre la macchina la guidava verso casa – si rese conto che gli altri dovevano aver pensato che si fosse completamente rimbecillita. Quando arrivò il conto, Sofia tirò un respiro di sollievo misto ad un sospiro di rammarico: nel bene o nel male, pensava, questa deliziosa, meravigliosa tortura era finita.

Con gambe malferme si alzò dalla sedia, sentendo il perizoma scostato che le sfregava fastidiosamente il tratto di pelle tra le grandi labbra e la coscia. Voleva andare in bagno, ma Cristina la trascinò al bancone per bere con tutti gli altri l'amaro della buonanotte. Si salutarono fuori dalla pizzeria, dicendosi di non aspettare altri quindici anni per trovarsi di nuovo, poi ognuno si diresse verso la propria macchina. Dario si incamminò nella sua stessa direzione, e dopo pochi passi la prese sottobraccio.

Ancora scossa da quanto successo in pizzeria, Sofia non protestò, ma si appoggiò grata al suo braccio poiché le gambe non la reggevano ancora, complice anche l'alcol dell'amaro al quale non era abituata. Parlando del più e del meno, come se niente fosse successo durante la cena, arrivarono davanti alla macchina di lei, parcheggiata in un vicolo secondario. Fu allora che lui la sospinse contro la portiera, baciandola selvaggiamente. Non le diede il tempo di protestare, di prepararsi, di prendere fiato: le sue labbra si schiantarono su quelle di lei, le sue mani le afferrarono la base del collo per attirarle la testa più vicino affinché potesse esplorarle più a fondo la bocca, la lingua, i denti.

Sofia si lasciò andare, appoggiando indietro la schiena contro la fiancata della macchina, abbandonando la testa nelle mani di lui. Rispondendo al bacio colpo su colpo.
Dario si fece vicino, sempre più vicino finché il suo corpo non aderì completamente a quello di lei. La sua erezione le premeva contro il ventre, infiammandole la mente e il corpo. Proteggendosi dallo sguardo di eventuali passanti, anche se a quell'ora e in quel vicolo la cosa era alquanto improbabile, con un lembo del soprabito, Dario le insinuò di nuovo una mano sotto la gonna, trovando quasi immediatamente la vulva scoperta.

Continuando a baciarla le infilò tre dita nella vagina che aveva già ricominciato a bagnarsi, e lei gemette contro le sue labbra. Con l'altra mano le cercò il seno, palpandolo attraverso i sottili strati di stoffa dell'abito e del reggiseno. Sofia, arresa al suo impeto, non pensava più, sentiva e basta. Sentiva il suo corpo modellarsi attorno alle mani di lui, contro la sua dura solidità si sentiva evanescente. Ritrovò un ultimo istante di lucidità quando lo sentì armeggiare con la cintura e la cerniera dei pantaloni.

Riuscì a balbettare un «Ho un preservativo nella borsetta» e a tirarlo fuori con mani tremanti. Poi si abbandonò di nuovo contro la fiancata della macchina, in attesa. Con gli occhi chiusi, il respiro pesante. Sentì il rumore della bustina che veniva aperta, lo schiocco del lattice sul pene eretto, e avvertì la punta sfiorarle le labbra. Sofia allargò le gambe, e il glande si insinuò verso l'ingresso della vagina, premendo, sfregando, facendosi strada tra le sue carni infiammate.

Le mani di Dario le afferrarono i fianchi e il suo fallo la invase, in un unico lento ininterrotto movimento. Un suono gutturale, grido roco e gemito insieme, le sfuggì dalla bocca. Riversò indietro la testa, poggiandola alla portiera, offrendo il collo ai baci e ai morsi di lui. Passandole una mano lungo la coscia Dario le afferrò il ginocchio e le sollevò la gamba, posandosela su un fianco. Lei gli ancorò il tallone contro il retro della coscia, e così agganciati presero a muoversi all'unisono.

Dario ritraeva il bacino, estraendo il membro quasi del tutto, prima di affondarlo di nuovo, fino in fondo, in un ritmo incalzante. Sofia oscillava le anche avanti e indietro, per andargli incontro. L'auto oscillava lievemente sotto i colpi. I gemiti rochi di lui si mischiavano a quelli più acuti di lei, i loro respiri si mischiavano bocca contro bocca nell'aria quasi tiepida dell'inizio della primavera. La pelle di Sofia era in fiamme sotto i vestiti, ogni centimetro formicolava sotto l'impatto delle saette di piacere che partendo dall'inguine, dalla vagina piena di lui, dal clitoride che gli sfregava contro il ventre si dipanavano e si espandevano in tutto il corpo.

Più la passione aumentava, più le loro lingue si incrociavano, si avvinghiavano, si scopavano. E fu così che Sofia gridò tra le labbra di lui il proprio orgasmo, una lunga ondata di piacere che liberò la tensione accumulata nell'arco della serata in una serie di spasmi che la lasciarono svuotata, un guscio formicolante in cui tutto era sensazione e niente pensiero. Come da una distanza incommensurabile sentì che Dario aumentava ancora il ritmo delle spinte causandole un godimento quasi doloroso, stringendo il suo corpo inerme ed ipersensibile in una morsa, sentì che dalla propria bocca sgorgavano ancora gemiti di piacere coperti dalle grida di lui in preda all'orgasmo.

Si baciarono a lungo, dopo. Dolcemente, mentre il respiro si calmava e i battiti diminuivano e il mondo intorno riprendeva forma. E infine Sofia era in macchina, diretta verso casa, con l'impronta del corpo di lui ancora impressa sul suo.

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