Saga familiare 2

Davide si alzò presto quella mattina, poco prima delle nove (l’alba, per le sue abitudini): le insistenze di suo padre, la sera prima, avevano avuto evidentemente effetto. Avevo appena preparato la colazione e mio figlio, tra un biscotto e un sorso di caffelatte, si informò sul nonno: lo rassicurai che me ne ero interessata personalmente (eccome!) e che di lì a poco sarebbe venuto un infermiere a togliere la fasciatura che lo imbracava come se fosse crocefisso.

Quasi rasserenato, scese a fare un rapido saluto al nonno e si trovò all’ingresso proprio mentre suonavano alla porta: era l’infermiere atteso e a Davide quasi non parve vero poter scappar via accennando solo un “Io esco” mentre era già sulla porta.
Scesi a chiedere all’infermiere se ci fosse bisogno di qualcosa, ma lui mi rassicurò che aveva tutto l’occorrente; avvertii di chiamarmi con l’interfonico quando fosse necessario e me ne andai in cucina a sbrigare le solite faccende.

Dopo circa un’ora mi avvertirono di scendere: il nonno era seduto accanto al tavolo finalmente libero; ma le braccia nude recavano evidenti segni di logoramento per l’inerzia forzata e il blocco del gesso; l’infermiere, di fronte alla mia espressione meravigliata, mi rassicurò che era tutto normale e che, con qualche seduto di fisioterapia il nonno sarebbe tornato alla massima efficienza.
Intanto, raccomandava che evitasse sforzi inutili, soprattutto alle braccia ancora deboli, e che prendesse tutta la serie di medicine prescritte ed allestita in bell’ordine sul tavolo.

Se ne andò, alla fine, ed io mi trovai di fronte al vecchio, un tantino in imbarazzo al ricordo di quello che era successo poche ore prima.
Ma Luca dimostrò una faccia di bronzo inaspettata e cominciò a guardarmi con evidente cupidigia. come tutte le mattine, avevo indossato una corta vestaglia leggera sulla pelle nuda e il suo sguardo sembrava attraversare la stoffa per guardarmi tutta.
Fingendo di mettere in ordine, distolsi lo sguardo: solo allora notai un enorme specchio sulla parete nel quale si rifletteva per intero soprattutto il letto; attraverso lo specchio, vidi più agevolmente e nettamente lo sguardo del nonno depositarsi sul mio culo, sulle tette, e trafiggere la stoffa per arrivare al ventre.

Inventò un’infinità di piccole scuse per farmi avvicina e per farsi toccare (la sedia, un bicchiere, una posizione incomoda) e il suo cazzo – come potevo vedere facilmente – già si gonfiava a riempire il pigiama.
Alla fine, mi chiese di accompagnarlo a letto e si sdraiò sulla schiena: la sua asta sollevava il pantalone del pigiama in maniera evidente e quasi spropositata; cominciai a sentire caldo e prurito al basso ventre e gli occhi presero a correre continuamente su quel monumento al sesso che si ergeva potente.

Mi fece avvicinare Adv
e “Toccalo” mi disse; non riuscii a rifiutarmi: lo accarezzai delicatamente da sopra il pigiama e lo sentii pulsare vivo nella mia mano come al mattino; il nonno emise un profondo sospiro e dalla mia figa cominciarono a colare umori di piacere.
Sciolsi la cintura della vestaglia e la feci cadere; alzò gli occhi al cielo quasi in estasi e con lo sguardo mi percorse tutta, dalle tette piene e abbondanti ai fianchi larghi e promettenti fino alle cosce sode e al pelo scuro della figa.

Gli abbassai decisamente il pigiama e con la mano destra impugnai l’asta che ormai già desideravo con forza, mentre la sinistra correva a raccogliere due coglioni gonfi.
“Nonno, ma non puoi … due volte … in meno di due ore” “Non dire sciocchezze. Non so come siano i giovani; ma, per me, due o tre sborrate al giorno sono quasi una terapia”. Preferii non dire altro e mi dedicai alla sega: delicatamente ma con decisione lasciavo scorrere la mano sull’asta fino alla radice scoprendo la cappella che già si faceva violacea, poi riportavo su la mano e stringevo la cappella strappandogli mugolio di piacere.

“Aspetta” mi fermò a un tratto “leccalo”: era quasi un ordine, ma espresso quasi cin tenerezza; io però avevo qualche esitazione a prendere in bocca un cazzo così grosso.
Mi chinai comunque in avanti e mi accostai all’asta quasi con devozione: continuando a far scorrere su e giù la mano, avvicinai le labbra al “mostro” e mi limitai a baciarlo in punta; una fitta crudele di piacere mi sferzò il ventre e andò a scaricarsi direttamente sulla vulva: sentii che colavo copiosamente.

Aprii le labbra e lasciai entrare la cappella, accarezzandola tra lingua e palato; ma riuscii a farla entrare a stento e muovevo male la lingua a leccarla.
“Montami addosso” disse il nonno; e fece con le dita un leggero cenno per indicare il 69; montai sul letto e mi stesi sul suo corpo – cercando di superare la difficoltà della sua immobilità – finchè la mia figa mi parve all’altezza del suo viso: nel movimento, guardi per un attimo nello specchio e vidi nettamente il mico corpo steso sul suo, le tette schiacciate sul ventre, il culo proteso in alto e il mio inguine all’altezza del suo meto; ma soprattutto ammirai la superba asta che si innalzava all’altezza del mio viso per tutta la lunghezza del volta.

La scena mi provocò una nuova fitta all’inguine e sentii che colavo più abbondantemente,
Affondai la bocca sul cazzo e la cappella scivolò agevolmente sulla lunga, strofinò sul palato e si insinuò tra le guance.
Non avevo mai affrontato con la bocca un affare così e non riuscivo a scegliere un movimento.
Mentre armeggiavo col cazzo, il vecchio mi disse
“Aprila per benino; io non ci riesco” passai le mani dietro la schiena, allargai le natiche e arrivai alle grandi labbra che separai per consentigli di entrare: la sua lingua, dura e decisa, si infilò all’improvviso tra le piccole labbra, penetrandole come un piccolo cazzo; la cappella in bocca mi soffocò il grido di piacere che mi era esploso dentro, ma, quasi per conseguenza, affondai il cazzo fino alle tonsille, meravigliata io stessa della capacità di dilatazione.

Volsi gli occhi allo specchio e vidi la sua lingua saettare nella mia figa, uscirne per andare a leccare le piccole labbra e rientrare con forza a chiavarla; le stesse sensazioni che ricevevo dagli occhi mi esplodevano contemporaneamente nel ventre e mi facevano esplodere in piccoli orgasmi rapidi e successivi.
Quando vidi che il nonno accennava ad un movimento delle mani, lo bloccai decisa e fui io stessa ad allargarmi ancora la vulva per farlo arrivare al clitoride: lo catturò avidamente e cominciò a succhiarlo con forza; sentivo tutto il mio ventre aspirato nella sua bocca e tutti gli umori della vagina s**tenarsi fuori, sulle due labbra.

Cominciai a succhiare anch’io, con intensità e voluttà, facendomi entrare quel mostro di carne fin nelle profondità più remote della gola: guardando allo specchio, vidi che tutta l’asta mi era entrata in bocca e che le mie labbra accarezzavano i peli dei coglioni; lo spettacolo mi s**tenò un nuovo orgasmo violento che il nonno, evidentemente, avverti e gli rese la mazza ancora più dura e pulsante.
Era certamente molto più esperto di me.

Allentava la spinta e leccava delicatamente le piccole e le grandi labbra; tornava sul clitoride e lo succiava sino al limite dell’orgasmo; affondava di nuovo la lingua e mi chiavava con quella con piccoli colpi decisi.
Io, da parte mia, cercavo di accompagnare il cazzo con la lingua, gli vorticato intorno, lo estraevo per buona parte e poi me lo facevo affondare fino ad avere conati di vomito.
Andammo avanti per un po’, finchè cominciai a sentirlo fremere e vibrare tutto sotto di me: segno evidente che non reggeva più e stava per sborrare.

Cominciai allora a muovermi con la figa sulla sua bocca per arrivare all’orgasmo con lui; capì e si attaccò al clitoride che cominciò a succhiare come una pompa idrovora.
Presi tra le dita la base dell’asta e cominciai a menarlo mentre lo succhiavo nella mia gola: il ritmo crebbe per tutti e due in un vortice pazzesco finchè sentii che dal profondo delle viscere la sborrata emergeva come un fiume in piena; tutto il ventre sembrò aprirsi per il piacere e un fiume di umori si s**tenò nella bocca del nonno che tutto raccolse quasi devotamente.

Contemporaneamente, un fiotto improvviso mi arrivò come fuoco sulle tonsille ed io sentii la sua sborra inondarmi la gola fin quasi a soffocarmi: non volli ritrarmi e lasciai che esplodesse una, due, tre, cinque volte nella mia gola.
Poi mi accasciai su di lui col cazzo ancora piantato nella gola, svuotato ma non del tutto moscio, mentre lui affondava il viso tra le mie cosce e baciava dolcemente la mia figa inondata.

Ci volle un po’, prima che mi riprendessi e fossi in grado di togliergli il mio peso di dosso.
Mi sedetti sul letto accanto a lui, gli rimisi a posto il pigiama e raccolsi da terra la vestaglietta.
“Hai proprio una figa bellissima” fu la prima cosa che disse; e aggiunse “il tuo culo, poi, è favoloso. Devi farmi assaggiare tute e due. ”
“Il culo!?!?” esclamai quasi spaventata “con quella bestia che ti ritrovi?!? Mi vuoi ammazzare … io, dietro, non l’ho mai preso!”.

“Come??!!” era veramente meravigliato “vuoi dirmi che il tuo buchetto è ancora vergine?”
“Beh! si” “Come è possibile?” “Non me l’hanno mai chiesto e non l’ho mai dato: è semplice” “Va bene: vuol dire che questo piacere sarà solo e tutto mio. E non temere: faremo le cose assai per benino; così scoprirai finalmente che quel bellissimo apparato non serve solo a liberarti delle scorie ma è un impagabile strumento di piacere” “Ok, ne parleremo.

Adesso però vado se no, non combino niente per tutto il giorno”.

Keine Kommentare vorhanden


Deine E-Mail-Adresse wird nicht veröffentlicht. Erforderliche Felder sind markiert *

*
*

(c) 2023 sexracconto.com