parte 1

“Dimmi dove vuoi venire”
Io, ancora ero inebetito dall'estasi, dalla sorpresa del gesto e della situazione, dal fatto che tutto ciò stesse accadendo a me come in un qualunque fumettaccio porno, in un primo momento non ho compreso la domanda. Alzo la testa a fatica dal sedile reclinato del passeggero e scorgo meravigliato questa testa bionda che si affannava sul mio cazzo, su e giù, in attesa di una mia risposta. “'orca puttana, questa se la racconto non ci crede nessuno” penso.

I due occhi di L. , distinguibili al buio solo per il vago luccichio delle pupulle che riflettevano la tenue luce dei lampioni stradali, mi fissavano in attesa di una risposta che per me poteva anche non arrivare mai. Scorgevo il suo sorriso sornionamente sardonico, mentre capivo che nella sua testa si faceva largo l'idea che stavo ringraziando tutti santi del paradiso per averla incontrata; il suo viso tradiva il suo malcelato orgoglio di donna che ha in bocca il cazzo di un uomo, e che quindi di lui può fare quello che vuole.

Avevo conosciuto L. in chat. Abbastanza comune come incipit, anzi piuttosto squallido… ma all'epoca ero appena uscito da una tormentata storia durata tre anni, fatta di furiose liti, sonore scopate riconciliatrici, brevi momenti di stasi, altre furiose liti, e così via… in quei tre anni eravamo riusciti a lasciarci almeno 4 volte, poi finalmente Lei ha preso il toro per le corna e mi ha mollato definitivamente. Col senno di poi, è facile dire che è stata la cosa migliore per entrambi, ma allora io vedevo solo il mio cuore spezzato, i progetti di una vita insieme sfumare come neve al sole, la sua mancanza che soffrivo terribilmente.

Con l'incoscienza e la spavalderia di chi non ha nulla da perdere, ingenuamente convinto che chiodo scaccia chiodo, mi gettai su qualunque donna mi capitasse a tiro: io, sempre stato un timido che in genere si lavora le ragazze ai fianchi prima di fare la sua mossa, mi sono sorpreso a cercare il bacio già alla prima uscita; non importava la bellezza della ragazza o l'eventuale rimbalzo, io ci provavo e chissenefrega. Non rimasi molto stupito di scoprire che era molto più facile di quanto sembrasse, la classica legge dei grandi numeri, e infatti erano poche le ragazze che non ci stavano e ben presto mi facevano dimenticare quel po' d'orgoglio che bruciava per quelle con cui era andata male… ma non quella tristezza indefinita che ti macera dentro quando sei ancora sotto alla perdita di quello che credevi l'amore della tua vita.

Sempre in preda ad una sorta di ansia di incontrare più donne possibile, mi ero buttato a capofitto anche nelle chat. Non che fosse un mondo a me del tutto estraneo, verso i 16-17 anni ICQ e C6 avevano salvato l'adolescenza di un giovane un po' ebete con le donne, infondendogli il coraggio di “parlare” con ragazze, farle ridere, farle sentire ascoltate e comprese… insomma, il mio classico lavoro ai fianchi solo trasposto al web e con la costante incognita che mi stessi intortando un cesso.

Non fraintendetemi, spesso lo erano, ma quando ormai l'uscita era combinata non volevo arrivare al punto di non presentarmi… quindi ovvio che tante volte non abbia combinato un cazzo… fino a che non ho incontrato L.

C6 permetteva di fare una veloce selezione di ciò che ti interessava, molto utile quando sei a caccia: io mi limitavo a donne della mia zona con una fascia d'età tra i 18 e i 45 anni (ancora il concetto di MILF non era sdoganato come oggi, ma per fortuna ero sufficientemente scaltro da chiedermi: perché giocarsi delle possibilità con delle donne mature e esperte?), aprivo la conversazione cercando da subito di attirare l'attenzione con qualche battuta simpatica e quel che succedeva succedeva.

Poi però mi sono scoperto a chattare con ragazze che già chattavano con alcuni miei amici, le voci giravano e io odio la concorrenza; in breve, la tonnara di C6 cominciava un po' a mostrare il fianco. Allora allargai la ricerca alla mia provincia, e una sera mi capita di parlare con questa giovane donna di 31 anni che dimostra un certo interesse alla mia conversazione. Scopro che L. ha 2 figli, lavora come maestra, sta divorziando.

Io decido di non mentirle sull'età, le dico che tra noi corrono 10 anni e che, wow, non sono abituato a contattare le mamme. Falso come la merda. La conversazione si trascina verso la sua naturale conclusione, io attento a non fare il passo più lungo della gamba mostrando un garbato disinteresse per tutto ciò che esuli la chat. Penso che sia passato almeno un mese di altre inutili conversazioni, atte solo a far capire quale divertente giovane intelligente e brillante fossi, prima di chiederle il numero di cellulare e, con molta naturalezza, se magari non fosse il caso di conoscersi di persona.

Credo che abbiamo fissato un paio di appuntamenti andati a vuoto, sempre per causa sua, prima di capire che se la stava tirando e che la mia finta indifferenza non aveva ingannato nessuno. Tuttavia ero ben deciso a non farmi prendere per il culo, quindi dopo qualche giorno di offeso silenzio chattesco, aspettai che fosse lei a chiedere di vedersi. Sia ben chiaro che gli appuntamenti allora erano veramente al buio, le poche foto che riuscivamo a sbambiarci erano una selezione di quelle in cui eri venuto appena meglio e scansionate con degli orridi cassoni dalla risoluzione indicibile.

Tralasciamo il fatto che anche il modem 56k non permetteva questo gran scambio di file.
Ad ogni modo una sera, carico di ormoni e di belle speranze, mi metto alla guida sulla provinciale fino ad arrivare al benzinaio che L. mi aveva indicato. Arrivo, vedo la sua familiare, mi accosto. Abbassiamo il finestrino in contemporanea e con sommo piacere scopro che è una bella donna e non il solito roito: capelli corti biondicci, ovale molto regolare, occhi scuri con una piega un po' triste delle sopracciglia, bocca carnosa.

Mi sorride e mi fa cenno di entrare nella sua macchina. Entro, e subito vengo invaso dal suo profumo piuttosto forte; noto che è vestita in ghingheri, una specie di tubino nero molto aderente stile Colazione da Tiffany, le gambe fasciate da delle calze anch'esse nere ma non molto pesanti, un giubbottino di pelle nera con della pelliccia nera al bavero, stivali bassi neri da motociclista ma edulcorati da borchie e cinghie e insomma, nel complesso ci stavano bene.

In 2-3 secondi di rapida scansione, capisco che mi piace decisamente: apprezzo la linea delle sue ginocchia e l'effetto che le calze hanno sulle sue gambe alla luce interna dell'auto; ha poco seno e a me piacciono le tette grosse, ma ormai ho capito da tempo che non devo fare lo schizzinoso se una gnocca che lancia segnali di disponibilità nei miei confronti ha le tette piccole; la pancia è inesistente, penso che probabilmente ha degli addominali duri come il granito a giudicare dalla vita stretta e dalla tonicità delle gambe (anche dalla mia posizione riesco a capire che i polpacci sotto al volante riempono e vestono bene gli stivali).

Anche lei vedo che mi sta studiando con fare compiaciuto: non sono l'ultimo degli stronzi e so che in queste situazioni si gioca il tutto per tutto, quindi barba fatta appositamente il giorno prima, poco profumo, vestiti casual ma non troppo, capelli senza gel che sennò poi si monta la testa.
Cominciamo a parlare del più e del meno.
C'è da dire una cosa: L. si era sposata in giovanissima età perché era rimasta incinta.

Dopo il primo parto, è rimasta incinta di nuovo, quindi si poteva dire che era passata dall'adolescenza all'età matura senza aver mai goduto veramente della spensieratezza di una ragazza di vent'anni. Ora che si stava separando dal marito, sembrava decisa a rimettere le cose in pari, sebbene un po' fuori tempo massimo. In chat le avevo detto che se le andava ci si poteva fare magari un paio di canne insieme, così per allentare la tensione e per farle fare una cosa da “cciovani”… la scroccona, memore di ciò, mi chiede se abbia portato qualcosa, e alla mia risposta affermativa decide di cambiare posto e mi porta in un'orrenda zona industriale, di quelle così squallide che non so perché mi eccitano da morire.

Ci fermiamo davanti al cancello di una fabbrica. Sempre chiacchierando, io rollo una canna d'erba che ci finiamo nel giro di pochi minuti, tra qualche chiacchiera e un po' di silenzio imbarazzato. Chiaramente cosa sarà successo? reso più spavaldo ma soprattutto più laido dai fumi del cannone, poco dopo, mentre lei sta ancora parlando di non so cosa, le prendo il mento con due dita e dolcemente le giro il viso verso di me.

“Ma cosa…” cerca di abbozzare. Leggo nei suoi occhi una leggera sorpresa, leggera eh, e non li chiude mentre la bacio, però non smetto, impaurito ma anche convinto che ormai o la va o la spacca e che non ho assolutamente voglia di sproloquiarmi in scuse per il mio exploit. Finalmente cede al mio bacio, ricambiandolo con dolcezza ma anche con sempre più veemenza: le nostre lingue si attorcigliano, le nostre labbra son sempre più bagnate come quelle dei bambini che imparano a bere dal bicchiere dopo il biberon.

Dentro di me ripenso alle occasioni che avuto prima di L. e che ho sputtantato per la mia timidezza, maledetto idiota mi ripeto mentalmente. Ma ormai mi ha detto bene e consapevole di ciò con lenta decisione scendo con le mani, stando attento a non arrivare subito alle tette nude, cosa che in genere le donne non sopportano. La esploro tutta, la curva un dolce ma decisa dei suoi fianchi, le cosce tornite e toniche, la pancia asciutta – C.

V. D. – il collo sottile, la nuca delicata, il seno piccolo e sodo. Dopo qualche minuto di carezze, per me un'eternità, decido che è giunta l'ora di vedere i capezzoli: con la lingua le scendo dal lobo dell'orecchio fino alla clavicola, poi devo interrompermi perché inizia il vestito. Allora con la sinistra passo sotto di esso e le agguanto una tetta; lei ha un moto come di ripulsa ma io non la lascio parlare, continuo a baciarla come se non mi interessasse altro che di lei, cosa che infatti è, e finalmente realizza che a quel punto della situazione non ha senso trattenersi ancora… e si lascia andare del tutto.

Allora mi fiondo: cogliendo al volo l'occasione, le abbasso lo scollo (abbastanza castigato a dire il vero) insieme al reggiseno -imbottito!- e vedo questa simpatica tetta sinistra col capezzolo ben duro e un'areola piuttosto larga come piace a me. Compiaciuto, ammiro il suo capezzolo; dentro di me maledico le tette piccole ma in fin dei conti non mi è andata affatto male: sono tette di mamma, hanno allattato 2 figli, se fossero state grosse le sarebbero arrivate alle ginocchia.

Il suo seno se pur piccolo infatti ha acquisito un volume che si vede non gli appartiene. Quindi succhio e succhio, con la lingua che non sa a quale tetta concedere di più i suoi favori o da quale delle due riceverne, e ai primi lievi gemiti di L. non so più trattenermi: comincio a toccarle l'interno delle cosce con sempre più veemenza, le calze non solo mi eccita vederle ma anche toccarle mi fa andare nel pallone.

Continuo a sfregarle le cosce e con finta disattenzione a toccare col dorso della mano e le nocche la sua fica. Passano i minuti, o i secondi, non lo so, e finalmente mi accorgo che ogni volta che struscio il dorso della mano i suoi mugolii aumentano, così come il senso di calore attraverso le mutandine. Purtroppo però le calze che porta non sono autoreggenti, quindi in un primo momento tento di arrivare alzando il vestito e infilando la destra tra collant e mutandine.

Mi godo lentamente la scoperta della sua fichetta ben curata, non rasata completamente per fortuna che mi fa senso, sento i suoi peli ispidi e praticamente nessuna ricrescita ai lati: questo mi convince sempre di più che era tutto programmato, anche lei non aveva trascurato l'eventualità di una cosa del genere… l'epifania: l'uomo può fingere con se stesso di avere la situazione in pugno ma alla fin fine è la donna a tenerlo sempre per le palle, una consapevolezza che non mi avrebbe mai più abbandonato.

Ben presto mi rendo conto che sto rischiando il tunnel carpale per arrivare a sditalinarla, quindi faccio per abbassarle le calze e le mutandine: resto di stucco quando vedo i fianchi, belli, proprio da donna, sembrano larghi (cosa che non mi dispiace affatto) ma in realtà è la vita a essere stretta; un piccolo sentierino peloso di forma rettangolare si diparte dall'interno delle cosce e finisce al di sotto dell'ombelico, dove si intuiscono i muscoli addominali di chi fa palestra.

Starei a guardarla ore se non fosse che mi accorgo che L. mi sta fissando, il petto che va su e giù distintamente, preda dell'eccitazione. La volto sulla pancia e le studio il culo: è anche un po' grosso ma non c'è un accenno di cellulite e dalla forma fisica complessiva capisco che L. si tiene in forma con la palestra o un qualche sport; il sedere d'altronde è conformazione, come i fianchi, e nel complesso queste forme femmine combinate con la tonicità della sportiva mi eccitano a bestia.

Comincio a baciarla esplorando ogni millimentro della sua pelle nella zona compresa tra lo scollo abbassato e le calze tirate giù e finalmente posso arrivare con agilità alla sua fica. Comincio a lavorarmi un po' il clitoride, lei sospira. Con il medio la penetro, le sue unghie mi affondano nel collo. “Così è qui che ti piace” penso tra me e me, così comincio a dedicarmi con più verve all'utero. Lei si bagna subito, adesso le dita entrano che è un piacere e mi rendo conto che il medio da solo non basta così infilo anche l'indice… lei inizia a sgusciare come una serpe, rimane sul sedile solo perché con il braccio sinistro le cingo la vita, con la mano destra la sto sditalinando e con la bocca le succhio la tetta destra.

Bloccata. Il sentirla divincolarsi, lei col suo corpo minuto e io che col mio metro e ottanta riesco tenerla ferma mi fa impazzire.
I suoi mugolii aumentano fino a stabilizzarsi, mi rendo conto che non andiamo né avanti né indietro, non viene ma è lampante che la sto facendo godere, i suoi capezzoli eretti, la sua fica bagnata fradicia, i suoi sospiri non mentono. Alla fine mi decido, volevo riservarle la lingua per altre occasioni ma ne va del mio orgoglio, anche se so quanto possa sembrare melodrammatico, non posso permettere che non venga e poi chi lo sa, questo genere di favori in genere vengono ricambiati… e poi, e se fosse stata questa la mia unica occasione? Allora le alzo la gamba destra e la porto verso di me; faccio per toglierle lo stivale che una mia vecchia fissazione si fa largo tra i miei pensieri.

“Fammi vedere i piedi” le intimo gentilmente, una domanda senza punto interrogativo.
Già le sto sfilando lo stivale che lei mi aiuta, sorridendo civetta, come le avessi chiesto la cosa più naturale del mondo. Le calze nere da principio mi impediscono di capire per bene come siano le sue dita, ma già al contatto sono soddisfatto: nessun durone sulla pianta o calli sulle dita. Mi porto il destro vicino al viso come a volerlo studiare, lei mi guarda tra l'incuriosito e il compiaciuto.

Senza farmi accorgere lo sniffo con attenzione, sa proprio di sapone e al limite un po' di cuoio nuovo, quando io avrei preferito un leggero afrore di sudore… che mi eccita molto ma d'altro canto mi fa ribrezzo se voglio giocarci un po'. Noto alla luce interna dell'auto che le dita non sono brutte, anzi, l'alluce è proporzionato e l'unghia ben curata, né troppo piccola né troppo grossa, nessuno smalto grazie a dio ma è chiaro che si fa o si fa fare la pedicure.

Forse un principio di alluce valgo ma solo io o un podologo riusciremmo a vederlo.
Sto ancora studiando il suo piede quando mi rendo conto che ho tremendamente raffreddato la situazione con le mie smanie da feticista. Allora le faccio rimettere delicatamente la gamba alla destra del cambio, mi stacco un attimo, con occhio troieggiante manco fossi un donna la fisso e le sorrido, le allargo le gambe ancora un po' e parto dal seno mentre le sollevo i fianchi, palpandole il culo: scendo con la lingua lentamente ma inesorabilmente fino a che non le lambisco il suo sesso umido, le grandi labbra appena dischiuse, nessun pelo intorno ad esse, il clitoride ben nascosto sotto il suo cappuccetto ma pronto a mostrarsi se saprò dimostrarmi degno.

Lecco, succhio, mangio, bevo, il tutto mentre mi disctrico tra volante, freno a mano e cambio come un contorsionista, lei sempre più in preda al piacere mi prende la testa fra le mani e me la spinge tra le gambe fino a che anche nel naso non ho i suoi fluidi. Eppure non viene. La mia lingua comincia a non poterne più ma per fortuna ho avuto modo di far riposare le dita, così con una mano le allargo le labbra e le tiro fuori il clitoride, rosso e lucido e duro, con l'altra comincio a penetrarla di nuovo.

Comincio a capire che non disdegna nessuna delle cose che le sto facendo però io devo farla venire, così decido di concentrarmi su quel piccolo pulsantino duro e rosso, non grande e non lungo ma la cui impertinenza sembra sfidarmi. Lo titillo con la punta della lingua mentre le due dita dentro di lei si muovono coordinatamente. Cerco di regolarizzare il ritmo e la coordinazione di lingua e dita Perché odio io per primo che durante una sega o un pompino ci sia un repentino cambio di regime.

Per aggiungere benzina sul fuoco, uso il pollice della mano che penetra per aiutarmi con la lingua a stimolare il clitoride: finalmente i sospiri aumentano di frequenza e di tonalità, capisco che sta per venire così tengo duro: più che il dolore alla lingua, è la coordinazione che inizia a fregarmi così mi impegno ancor di più fino a che non sono premiato da un urlo mostruoso e dalle sue mani che mi affondano la faccia dentro di sé.

L. ha la schiena inarcata quando viene e il suo viso è bellissimo mentre due-tre spasmi di piacere le persorrono il corpo, lasciandole il ricordo della recente scorpacciata. Sono abbastanza fiero di me, il pizzo pieno dei succhi della sua vagina, le dita che erano dentro di lei tumide come quando si sta troppo in acqua e lucide come se le avessi intinte nel miele, il braccio vagamente indolenzito… ma più che altro è la lingua a darmi problemi, cinque minuti di cunnilingus me l'hanno quasi disarticolata.

Abbozzo un sorriso tronfio e faccio quello che non spreca le parole.
“Accidenti… non me l'aspettavo. Sei stato bravo. ” scandisce le parole lentamente, come a volergli dare più importanza o a godersi di più il momento post orgasmo. Magari ha voluto darmi una piccola soddisfazione… e chi si lamenta. Le sorrido, e mi sorride anche lei mentre si tira su calze e gonna. Io mi risistemo sul mio sedile, pensando già alla prossima mossa da fare e guardando in maniera fintamente distratta fuori dal finestrino.

La notte è ancora giovane e il posto è deliziosamente orrendo. Ad un tratto la luce interna viene spenta.
“Adesso tocca a me”.

Vinto ormai ogni imbarazzo, riprende a baciarmi sulla bocca. Non è molto precisa nei baci, sembra che i suoi effluvi la eccitino e bacia con furia le mie guance, le mie labbra, mi cerca la lingua come se io non ricambiassi. Dato che ha già messo le carte in tavola, non mi stupisco di sentire dopo pochi secondi la sua mano che mi palpa il pacco con delicata fermezza.

Questa è una fase che secondo me è troppo tralasciata dalla maggioranza dei film porno, il palpeggio del pacco: l'attesa del piacere è già piacere di per sé, è bello quando una donna ti tasta il cazzo come a volerci arrivare con calma, apprezzando la sicurezza della sua solidità. Gli attori coi pantaloni e senza mutande che lo tirano fuori a merda non mi sono mai piaciuti. L. mi slaccia pantaloni e cintura con lenti movimenti sapienti senza smettere di baciarmi, magari con meno foga ma sempre appassionatamente.

Continua a tastarmi il cazzo adesso attraverso le mutande e disegna il contorno della cappella con l'indice… lui poverino non ne può più di questa tortura, si alza e si abbassa di moto proprio, le mutande che costringono una delle più gloriose erezioni della mia vita. Ho un fremito mentre finalmente mi abbassa i boxer fino alle palle, risale con la punta delle dita l'asta per poi allargare la mano e afferrarlo saldamente. Con non so quale parte del cervello rimasta funzionante, ho il coraggio di commentare a me stesso che meno male le sue mani non sono troppo grandi, altrimenti da normodotato quale sono mi sarei sentito un po' in imbarazzo.

L. comincia a muovere la sua mano. Il suo tocco tradisce da subito una grande sicurezza riguardo quello che fa, la presa è perfetta e quando la sua mano sinistra va su e giù non mi sfrega il glande, cosa che in quanto non circonciso non mi piace molto. Al settimo cielo e con l'eccitazione della scorpacciata di fica di poco prima da smaltire, mi rendo conto che non res****rò per molto. Anche il momento di quando l'ho baciata mi eccita, sebbene ci sia bene poco di sessuale… allora tanto vale godere tutto e subito.

Le afferro una tetta, ne apprezzo il peso e la consistenza per poi passare a tormentarne il capezzolo con le dita. Faccio per prendermelo in bocca, già sicuro del lrossimo epilogo della cosa quando lei mi scalza impedendomi di arrivare col viso al suo seno, si accomoda meglio sul suo sedile e si china su di me.
Stavo quasi per protestare tale era la mia sorpresa quando sento il caldo della sua bocca che avvolge tutta la mia cappella.

Erano passati mesi dal mio ultimo pompino, semplicemente non potevo credere che una donna, fino a 45 minuti prima una perfetta sconosciuta, adesso mi stesse succhiando il cazzo. Nessun particolare giochino di lingua, nessuna tecnica sopraffina, solo la sinistra che mi tiene il cazzo alla base e le sue labbra che si allargano e si schiudono a seconda di che altezza sono. Sono delle labbra dolci, quasi materne, non succhiano violentemente come in certi porno che avevo visto ma anzi sembrano accarezzare il cazzo, quasi non le sento da quanto sono delicate e umide.

Cerco di scorgere se ciò che mi immagino corrisponde a verità ma a dire il vero non vedo molto di quel che succede laggiù perché il mio sedile è ancora in posizione eretta: mi faccio persuaso che forse sia meglio così, altrimenti sarei arrivato subito al capolinea. Tuttavia anche immaginarmi quelle labbra che implacabili arrivano a metà cazzo e regolarmente tornano su non mi aiuta molto, soprattutto quando ogni tanto alle mie orecchie arrivano i caldi suoni della sua bocca che percorre glande e asta.

Mi immagino quindi dal di fuori, un'auto spersa in mezzo a dei capannoni al di cui interno si scorge solo una faccia con l'espressione più beota del mondo e una testa bionda che va su e giù… cazzo anche questa immagine mi eccita. Stavolta ci sono veramente vicino, prendo quindi ad accarezzarle la nuca e a spingerle la testa, non forte, quel tanto da imporle il ritmo della mia venuta. L. capisce subito e prende il mio ritmo.

“…sto per venire…” ho il tempo di sussurrare, ma quella testa non accenna a rallentare. penso che forse non mi ha sentito e non voglio rischiare di farla incazzare venendole in bocca, anche perché so che lo sperma della mia prima venuta è sempre abbondante e denso. “…STO PER VENIRE…!” mi trattengo allora dall'urlare a denti stretti per darle un'ultima occasione di staccarsi finchè è in tempo… e cosa fa lei? Con la mano che teneva alla base del cazzo, e che è sempre rimasta lì per tutto il pompino, comincia a fare su e giù, sempre fermandosi prima di toccare la cappella (forse anche suo marito aveva la stessa fissa) e sincronizzando i movimenti con la bocca.

Faccio in tempo inconsciamente a realizzare che quando la mano è giù, le sue labbra sono in cima alla cappella, e quando la mano è su la sua bocca contiene interamente tutto il mio glande, che comincio a venire. Sborro, sborro come non mai, lo so, lo sento, lo vedo: sebbene la sua testa mi copra la visuale, sento la bocca che si stacca una frazione di secondo proprio mentre inizio a eiaculare, giusto il tempo di far passare il primo schizzo di sborra veloce come un siluro fin sul cruscotto della macchina, dove lì si deposita senza colare tanto è denso.

Per niente intimidità si rifionda sul mio cazzo, e adesso me lo succhia, eccome me lo succhia, mentre la sua mano continua ad andare su e giù. La gentilezza di pochi momenti prima è presto dimenticata, avverto solo quelle labbra che continuano a disegnare il volume del mio pene non lasciando scappare nemmeno una goccia di sperma dopo il primo getto. Lo schizzo è lì davanti a me e penso che cristo guarda che roba se quello era il primo figuriamoci che gli sto buttando in bocca ora, e infatti sento rumore di deglutizione, una volta, poi due, e col senno di poi so che questi suoni le sono costati come minimo uno schizzo in più tanto mi arrapavano.

L'orgasmo è ormai al termine, gli ultimi spasmi mi squassano il corpo… solo che L. o non se ne è accorta o se ne fotte perché continua a succhiare il cazzo mentre mi fa una sega. È anche bello, però la sborrata è stata così intensa che presto comincio a provare fastidio, così le sollevo la testa dal mio grembo e la porto all'altezza del mio viso. L. si pulisce fugacemente il viso col dorso di una mano, per fortuna ho fatto in tempo a notare lo schizzo di sperma che partiva dall'angolo della bocca e le percorreva gran parte della guancia sinistra perché quel dettaglio è stato materiale per milioni di seghe.

Per darle soddisfazione la guardo ancora estasiato, un po' esagerando le espressioni del mio viso (sebbene non ce ne sia reale bisogno). Sorridiamo insieme e ci baciamo, e sento il sapore del mio sperma sulla sua lingua, ma non mi dà fastidio…. e poi parliamoci francamente, dopo quel pompino l'avrei baciata anche avesse avuto i topi morti in bocca. Il pisello è ora barzotto, però di sicuro non moscio ancora anche perché lei continua a smanettarlo.

Ingenuamente mi viene da ringraziarla. Abbandonato ogni scrupolo di passare per quello navigato, comincio a sproloquiare – “…wow… non so come dirtelo, a volte le donne se gli fai un complimento per come… insomma, hai capito… ci rimangono un po' male, anche se non è mai il mio pensiero e insomma, volevo dirti che è stato è stato è stato incredibile cavolo e…. ”- lei ride: “smettila scemo, ora mi imbarazzi” fa una pausa di qualche secondo e fissandomi negli occhi seria mi sussura: “ti ho fatto un POMPINO” rimarcando questa parola per farmi capire che aveva colto il mio imbarazzo a pronunciarla “e penso che a volte non ci sia niente di meglio di un pompino, non credi?” …dimenticando solo di specificare a chi dei due si riferisse.

TO BE CONTINUED.

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