MIA MADRE PARTE QUINTA

Cercavo, però, sempre cose più eccitanti, e così cominciai a farle leggere il suo diario, era uno spettacolo sentirla e vederla masturbarsi mentre lo leggeva, io le chiedevo maggiori dettagli sulle cose scritte e descrizioni precise delle sensazioni che aveva provato nel farle.
La troia non si vergognava a raccontarmi del piacere che provava appena toccava un cazzo, la libidine di averlo tra le labbra, il piacere di sentirselo infilare lentamente nella fica ed il successivo pompaggio che doveva essere lungo ed
energico, la goduria immensa che provava quando le sfondavano il culo, lo dovevano fare dall’alto verso il basso con colpi profondi e violenti, così diceva si sentiva veramente sottomessa al maschio.

Una volta le chiesi quale era stata la migliore inculata della sua vita e lei
candidamente mi rispose, cosa che immaginavo avendo letto l’episodio nel suo
diario, la prima volta che l’aveva concesso ad un uomo, il suo amante al mare.
Che stronza, mi descrisse tutta la scena, mi parlò dell’attrazione fisica che provava per quel ragazzo, così forte da farle perdere ogni freno inibitore ed ogni prudenza, mi disse che il ragazzo abitava, da solo, nel suo stesso palazzo al piano superiore, ed a me che le feci notare che chiunque l’avesse vista salire o scendere avrebbe capito che la signora sposata andava dal bel ragazzone a farsi trombare, “era così bello e scopava così bene che non mi importava di niente e di nessuno” mi confessò la puttanona.

“Neanche di papà ti preoccupavi?”.
“E cosa avrebbe potuto dire quel porco traditore, lui sotto gli occhi di tutti mi
tradiva con la prima donna che vedeva, mi aveva tradito anche con la mia migliore amica, sapessi il dolore che provai quando lo seppi”.
“Ma tu l’hai sposato per amore?”.
“Certo, e per cos’altro, era uno squattrinato, solo che era affascinate, bello,
seduttore, tutte le donne cadevano ai suoi piedi, io me ne innamorai pazzamente,
ma i miei genitori ed i nonni, non volevano, loro mi dicevano che non sarebbe
cambiato dopo il matrimonio, ma io che avevo solo diciassette anni e conoscevo
poco gli uomini, ero convinta di riuscire a cambiarlo, e per costringerli ad
acconsentire decidemmo di scappare di casa, all’epoca un uomo dopo la fuga doveva
sposare la donna che aveva “disonorata”, e quindi i miei dovettero accettare.

“E dove andaste?”
“Appena fuori città, conoscevamo una casa abbandonata con ancora qualche
suppellettile, e passammo lì la nottata”.
“E cosa faceste?”.
“Mi chiavò tutta la notte venendomi sempre nella fica, speravamo che rimanessi incinta per rendere più irreversibile la situazione, ma non ci riuscimmo, e poi ti confesso che lo feci sperando di legarlo per sempre a me”.
Che stronza, si era fatta riempire di sperma per rimanere incinta ed incastrare quel pollo di mio padre, la mia stima per le donne crollava giorno dopo giorno, decisi che non mi sarei sposato mai.

“E dopo il matrimonio le cose cambiarono?”.
“Assolutamente no, continuò a fare quello che aveva sempre fatto, andare a caccia di donne e portarsele a letto, si scopò anche la mia migliore amica, sapessi il dolore che provai quando lo seppi, questo stato di cose mi umiliava, mi deprimeva fino a quando cominciai ad odiarlo e decisi di fargliela pagare, il primo fu il ragazzo al piano di sopra al mare e poi diversi altri, i corteggiatori non mi mancavano, avevo solo l’imbarazzo della scelta”.

“Ed in base a cosa gli sceglievi?”.
“Dal desiderio del momento, una volta avevo voglia di farmi fare il culo in modo a****lesco, a casa veniva a portarci la frutta un contadino di circa quarant’anni, ignorante, sembrava un’a****le ma aveva un grosso rigonfio tra le cosce, un giorno mi feci trovare con una vestaglia trasparente e niente sotto, mi guardava come un toro infoiato guarda la sua vacca, andai verso di lui, gli sbottonai i pantaloni, gli abbassai le mutande, venne fuori proprio la mazza che avevo immaginato, un randello di circa trenta centimetri ma anche molto grosso in circonferenza, glielo carezzai, si drizzò e diventò durissimo, mi spogliai, mi piegai a pecora sul divano e senza mezzi termini gli dissi, “dai sfondami il culo”, e lui non si lasciò pregare”.

“E ti piacque?”.
“Tantissimo era quello che desideravo in quel momento, volevo solo che qualcuno mi sfondasse il culo, ed utilizzai quel bestione senza cervello ma con un mazza enorme per scaricare la mia libidine, il poverino quando rivenne a casa pensava di continuare il discorso, lo fulminai con un semplice sguardo, e ristabilimmo subito le distanze tra una signora per bene e sposata ed uno zoticone”.
Mentre cucinava doveva stare sempre nuda indossando solo un grembiule

In modo che ogni volta che ne avevo voglia potessi incularla facilmente.

Mi piaceva sempre di più parlare con lei di cose sconce in modo osceno, un giorno le dissi: “pensa di mettere in fila tutti i cazzi che hai provato facendoli diventare un solo lungo cazzone, quanto sarebbe lungo”, ci pensò un attimo e rispose candidamente: “almeno venti metri”; feci un rapido calcolo, se cinque o sei cazzi normali facevano un metro ne aveva presi circa 120, che puttana
sfondata!!!!.

Durante uno dei nostri discorsi sul sesso le chiesi: “qual è stato il cazzo più bello che hai provato?”, la risposta mi sconvolse, “quello di Frate Giovanni,

è enorme, nerboruto con due bellissime palle ed una capocchia liscia bellissima, se solo me lo avesse fatto vedere senza costringermi a fargli, contro la mia volontà la pompa, io glielo avrei leccato per ore, gli avrei prosciugato i coglioni, è quello che ogni donna sogna di avere nelle mani ed in bocca per poi portarselo nella spacca”.

“Fallo, allora, non perdertelo”.
“Mai, dopo quello che mi ha fatto sento per lui un profondo senso di ribrezzo e nausea, e poi adesso ho un cazzo ancora più bello, il tuo, e non desidero altro” e mi baciò in bocca infilandoci la lingua, scopammo alla grande.
Qualche giorno prima del suo trentasettesimo compleanno, eravamo a tavola a pranzo e mia madre chiese a mio padre cosa le avrebbe regalato per la ricorrenza.

“Non ne ho la minima idea”, rispose con tono acido il mio genitore.
“Ho visto una bella borsa di Gucci”
“Ma tu sei matta, immagino quanto costerà”.
“Mica voglio l’originale, mi basta una taroccata”.
“Ne hai già tante, e poi non ti manca niente, è inutile spendere altri soldi, meglio cominciare a fare economia in questa casa, cominciamo ad eliminare i regali superflui”, si alzò ed andò a sdraiarsi sul divano.

Guardai mia madre, aveva gli occhi pieni di lacrime, “che carogna”, pensai e decisi di farle io il regalo.
Il giorno prima del compleanno andai al mercato dove sapevo vendevano le borse taroccate, trovai un nigeriano che le vendeva e gli dissi se mi faceva la cortesia di venire l’indomani, con le sue borse, a casa mia in modo da far scegliere a mia madre quella che desiderava, disse si, mi chiese l’indirizzo e l’orario.

Ed infatti, mentre la mia cara mammina preparava una torta x la sera, bussarono alla porta, io non mi mossi ed ad aprire andò lei.
“Grazie, non ho bisogno di nulla” tagliò corto mia madre, allora intervenni e dissi “lascialo entrare, l’ho fatto venire io ed adesso capirai anche perché”.
Il ragazzo poggiò sul tavolo il suo borsone e mise fuori delle borse.
“Dai scegline una, te la compero io”.

“Ma non posso accettare, tu hai sempre pochi soldi, non sprecarli per me”.
“Non preoccuparti, pensa a scegliere, poi ti spiego come ho fatto ad averli”.
“Hai vinto al lotto?, io non debbo scegliere, la borsa che volevo è questa, e costa anche poco, è bella, ti piace?”.
“E’ molto fine”, chiesi il prezzo e pagai.
“Mi devi ancora dire dove hai preso i soldi?”.

“Dal portafoglio di papà, pochi alla volta così non si è accorto di nulla”.
“Allora comunque è un regalo di papà, vista la provenienza dei soldi. ”
“Certo, ma anche io ti ho fatto un regalo, molto meglio di una borsa taroccata, il mio regalo per il tuo compleanno è LUI” ed indicai il negro.
“Cosa? ma sei matto, cosa vai pensando, non accetterò mai”, ma rimase immobile a guardare Fred che, come d’accordo, si sbottonò i pantaloni, non aveva le mutande,
mise fuori una vera e propria proboscide e l’avvicinò al viso della troia.

“Dai mamma, dobbiamo fargliela pagare a quel miserabile di papà”.
La stronza non aspettava altro che le fornissi un alibi per comportarsi come la sua indole da puttana la spingeva a fare.

Infatti,“Hai ragione, se lo merita proprio”, disse sentendosi pienamente
giustificata, prese a due mani il cazzone del mandingo e cominciò a strusciarselo sul viso facendolo diventare uno svettante bastone da oltre trenta centimetri, poi lo scapocchiò, baciò la grossa cappella e cominciò a sbocchinarlo.
Vidi la libidine nei suoi occhi, era uno spettacolo, dopo averla, tante volte, immaginata con altri uomini, adesso la vedevo per la prima volta dal vivo, si comportava proprio come l’avevo sempre immaginata, da troia senza pudore, era veramente cazzodipendente, bastava che ne vedesse uno per perdere ogni freno inibitore, adesso aveva ingoiato parte del cazzo e con la lingua giocava ancora sulla capocchia del nero; che puttana se ne fotteva di essere alla presenza del figlio a lei interessava solo quella grossa mazza.

Pensai a quante volte si era giustificata dicendo che lei si faceva fottere da altri uomini perché trascurata da mio padre, le avrei voluto chiedere: adesso perché stai sbocchinando un altro benché non ti faccio mancare il mio amore, la mia attenzione ed una costante abbondante razione di cazzo, mi diedi da solo la risposta: mia madre è una grandissima zoccola viziosa sempre vogliosa di un grosso cazzo che gli si infilasse in corpo.

Con il passare degli anni e con la mia esperienza posso affermare senza tema di smentita che le donne SONO TUTTE PUTTANE, stravedono per il cazzo, per una mazza nel corpo sono disposte a tutto, altro che amore e fedeltà, per loro solo conta SBOCCHINARE, FARSI CHIAVARE, PRENDERLO NEL CULO E BERE SBORRA.
Il nero, che finora era rimasto immobile, in estasi, a gustarsi il favoloso lavoretto di bocca della depravata, le sollevò il vestito e le infilò una mano tra le cosce e meravigliandosi di trovarla senza mutande, mi disse: “non è sorpresa, tu le hai detto che venivo a scoparla, è già senza mutande”.

“No, è che lei non le indossa mai”.
“Allora tua madre è come le puttane del raccordo, loro sono sempre a fica
scoperta”.
Mi eccitai da morire a sentirlo equiparare mia madre ad una donna da strada.
“Si ma lei è meglio, quelle fingono, mia madre invece vuole veramente farsi chiavare da te, vuole che la sfondi tutta, è vero mamma?”.
“Si”, biascicò mia madre.

“Digli dove deve mettertelo”.
“No, dai mi vergogno”.
Che stronza, era lì che faceva una pompa ad un nero sconosciuto, e si vergognava di dirgli dove lo desiderava.
L’aiutai, “deve mettertelo nella fessa, è vero che desideri sentirti riempita da quel bel bastone nero?”.
“Si, tesoro, lo voglio, lo voglio”.
“E poi deve anche sfondarti il culo con la sua enorme mazza”.

“Si me lo deve infilare tutto fino alle palle e mentre lui mi incula tu me lo
devi infilare in bocca e schizzarmi in gola ed io berrò tutto il tuo sperma,
dobbiamo godere tutti e tre insieme, vedrai come sarà bello”.
Ormai la troia aveva perso ogni pudore, parlava come una prostituta da strada, questo fece ingrifare ancora di più il negro che estrasse la sua grossa mazza dalla bocca della pompinara e cominciò a sbattergliela sulle guance, “tu grande puttana, tu grande viziosa, io ti sfondo tutta”, la sollevò di peso, la rovesciò sul divano, le sollevò il vestito e le sprofondò in corpo tutta la sua varra cominciando a chiavarla con dei colpi rapidi, continui e violentissimi.

La mia depravata mamma lo abbracciò, lo strinse a se e cominciò a baciarlo con voluttà assecondando i suoi colpi, il negrone le infilò oscenamente tutta la lingua in bocca, che lei trattò come un cazzo mimando un vero e proprio pompino.
Ero arrapatissimo, cominciai a spararmi una sega.
Guardavo inebetito quel mandingo sprofondare il suo batacchio nel corpo della mia mammina, guardavo il volto stralunato della stronza sotto il pompaggio, era da impazzire.

Mi inginocchiai sul divano, raggiunsi l’orecchio della mia genitrice e le
sussurrai “mamma, lo sai che sei una vera stronza”, la stronza estasiata annuì, io continuai “mamma, lo sai che sei una grandissima troia”, la troia ancora più estasiata annuì.
Che bello, finalmente avevo il coraggio di dire in faccia a mia madre quello che pensavo di lei, e la cosa più bella e che lei non si offendeva, anzi, si arrapava sempre di più, la vacca.

Il nigeriano, intanto, continuava a chiavarla alla grande, “attento a non godere ancora, ricordati che devi sfondarle il culo” gli dissi.
“E chi se lo scorda, la sto già preparando, guarda”.
Con il dito medio le stava stuzzicando il buco del culo.
“Adesso è pronta e me la inculo a sangue” minacciò il mandingo.
La posizionò pancia in sotto, si distese dietro di lei, aveva gli occhi rosso fuoco, per un attimo mi fece quasi paura, pensai ma questo me la sfonda veramente, ma la cosa mi fece salire ancora di più la libidine al cervello, adesso non aspettavo altro e lui poggiò la cappella, grande quanto una palla da biliardo, all’ingresso del buco nero e senza nessuna delicatezza, anzi in modo bestiale, le sprofondò in culo tutta la sua enorme mazza.

La vacca, facendomi impazzire di goduria, urlò dal dolore ma subito dopo l’atroce dolore svanì, cominciò ad accarezzarsi freneticamente la spacca e mi invitò, “dai mettimelo in bocca, godiamo insieme tutti e tre insieme”.
Non me lo feci ripetere due volte, le presi il viso tra le mani, lei spalancò le labbra, le ficcai in bocca il cazzo fino a che la cappella non raggiunse le tonsille, “adesso succhia bocchinara, tra poco ti allaghiamo, lui il culo ed io la bocca, così come piace alle puttane come te, è vero zoccola?”.

Non mi rispose, ormai era completamente fuori di se, non capiva più niente, era tutta intenta a godersi le due mazze che le sprofondavano in corpo.
Guardai il negro, un cenno d’intesa, entrambi accelerammo i colpi e
contemporaneamente le riempimmo il culo e la bocca di una quantità enorme di densa e calda sborra.
La stronza che aveva intensificato il ditale cominciò a dimenarsi come una indemoniata, poi di colpo si irrigidì, urlò e venne abbattendosi sfinita sul divano.

Andai a guardare il culo di mia madre, il suo buco nero adesso era una caverna da dove colava un rivolo di sperma, che visione arrapante.

L’amico si rivestì salutò la baldracca dandole un morsetto sulle chiappe, “vedo
che ti è piaciuto, quando mi vuoi tuo figlio sa dove sono”, l’accompagnai alla
porta, quando tornai la puttana giaceva ancora sul divano, e mi disse “vieni qui
tesoro”
Mi sedetti sul divano, aveva gli occhi bassi, non aveva il coraggio di
guardarmi in faccia, mi chiese “adesso cosa penserai di me?”.

Le sollevai il viso in modo da guardarla diritto negli occhi, e le dissi
parlando lentamente, scandendo bene le parole, “penso che tu sei una STRONZA, una PUTTANA, una VACCA, una PORCA, una DEPRAVATA, ma proprio per questo mi piaci da morire, io l’avevo sempre sospettato ma oggi me lo hai confermato con i fatti, meglio così, adesso, stando così le cose, non solo ti continuerò a fottere come prima e più di prima ma inoltre ti procurerò tanti cazzi che ti godrai in questo splendido corpo, penso che per te vada bene, anzi benissimo”.

“Come vuoi tu, tesoro mio” rispose la mia adorata mammina.
E così fu.

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