Campagna Toscana

Siamo nelle tue campagne toscane, abbiamo deciso di vederci per la prima volta nello scenario primaverile, una rivoluzione naturale della terra, gli odori dell'umidità invernale sono all'altezza dei nostri nasi, possiamo sentire l'elettricità condotta dal vapore acqueo della natura su cui ci stiamo conoscendo, il nostro scorticarci digitale ha dovuto scontrarsi con il reale, per incanto è un nuovo inizio, una ricchezza di pochi, essersi sfregati cerebralmente per mesi, aumentando a dismisura tutta la sfera emotiva immaginifera, pensando di esserci conosciuti, e invece, l'incontro ha spazzato via come una tempesta le nostre piccole certezze.

Ci siamo intravisti, da lontano, è il campo di grano, ancora acerbo, appena nato, il periodo è quello adatto, mi sono detto, se deve essere che sia primavera, che sia l'inizio della fotosintesi, il mio corpo è teso, sento l'agitazione che spinge le mie interiorità con forza centripeta verso lo stomaco. Mi vedi, mi fai un cenno con la testa e con la mano, vedo la tua agitazione, ti guardi intorno, è evidente la tua inquietudine, cammini a s**tti, sei molto elegante anche se siamo sull'erba, hai un giubbotto di pelle nero, raffinato, hai un paio di leggins neri, attillati, mostrano le tue gambe, mostrano il tuo corpo tagliato per metà, hai una gonna che lascia intravedere le tue curve, le tue gambe ben scolpite, porti stivaletti, una pelle naturale di vitello chiara, sono le tipiche calzature da educazione siberiana , mi chiedo se mai avrai letto Lilin, non sono volgari, si sposano con la tua fisionomia, hai un foulard al collo, è sgargiante, ha tonalità chiaro scuro, è una fantasia orientale, porti una borsa sulla spalla, è chiara come i tuoi siberiani stivali, di pelle morbida, assomiglia ad una goccia attaccata alle stringhe, mi colpisce.

Mentre ti avvicini mi chiedo cosa potrai mai avere dentro la borsa, cosa potrai mai avere dentro la testa, cosa potrai mai pensare nel osservarmi, nel tuo incedere verso di me, sono abbastanza imbarazzato, per quanto sicuro di me, sono un timido, sono una persona che annusa subito i pericoli, sente subito se chiudere in due minuti oppure sedersi per una partita a scacchi. Non mi dai modo di capire, porti occhiali scuri, non riesco a vedere l'elettricità degli occhi, sei a dieci metri, comincio a vedere il tuo piccolo cuoricino sotto l'occhio destro, comincio a vedere lo spessore dei tuoi capelli, fili elettrici di dimensioni miniaturizzate, sono castano scuro, lisci, sono belli.

Sono incantato, sei a cinque metri, posso cominciare a vedere che dietro le lenti ci sono i tuoi occhi, li vedo fieri, ma disponibili nell'affrontare la traversata del campo di grano acerbo, appena nato, gattonanante di vita. Ho la bocca asciutta, è l'agitazione, sento il cuore, sento il sangue che scorre, sento il mare che fonde, sento il mio cervello che reclama parole.

Ti fermi, mi sorridi, ti togli gli occhiali, e mi dici:

Non hai niente da dirmi?

Per la prima volta sento la tua voce, acuta, chiara, la tua provenienza m'inganna, sento un accento toscano che mi fa sorridere, tu mi osservi, non capisci, lascio passare qualche secondo, avrei mille strade da intraprendere, potrei giocarmi la carta signorile, potrei tutto, ti aspetti un contatto, una stratta di mano, un abbraccio.

Tu non sai chi sono io, il digitale mi ha dovuto rendere conforme per chiarezza nell'accettare i tempi imposti dalle tue e dalle mie esigenze, ora no, ora siamo di fronte, ora il tempo è nostro alleato, spero tu capisca. Ti sorrido, ancora tu non conosci la mia voce, conosci i miei segreti, conosci le mie nebbie, conosci i miei soli, ma non conosci il suono di questo campionario.

Dopo qualche secondo osservando il tuo fastidio crescente ti dico solo queste poche parole:

Sono molto agitato, sarò franco con te come lo sono sempre stato, non sò come finirà, intanto siamo quà.

Sento che il mio viso è rilassato, sento che la mia voce ha una buona tonalità, quella che prediligo, profonda, avvolgente, accogliente. Ti chiedo di poter fare solo una cosa prima di incamminarci verso un qualcosa che non sappiamo, non abbiamo programmato nulla, solo l'orario ed il luogo, per me il dopo non c'è, c'è l'ora e quello che ne conseguirà. Ti chiedo:

voglio annusare la tua pelle e i tuoi capelli, vorrei trovare le conferme degli odori che mi sono immaginato, posso?

Sono un bambino , la fase olfattiva è per me importante quanto la sfera fisica, l'incastro parte dagli odori.

Accetti, mi sorridi, mi dici:

Sei come ti ho immaginato, sei come ti sei mostrato, sia fotograficamente che interiormente.
Questa tua affermazione mi toglie ogni bruciore, ogni timidezza, ogni sofferenza nell'essere arrivato su questo prato, mi avvicino, ti sorrido, i miei movimenti sono lenti, le luci delle mie sensazioni sono al massimo, sento che sto trapassando la tua barriera di difesa, la tua aurea è abbassata, non ci sono scontri, posso sentire con il naso il calore del tuo corpo, sono a pochi centimetri dalla tua pelle ma sono già in grado di distinguere i tuoi aromi, appoggio il naso sul tuo collo, tu sei in piedi davanti a me, hai alzato la testa, ti sei data a Dracula.

Il mio naso assaggia la consistenza della tua pelle, morbida, delicata, fresca, tesa, profumata, arrivano le mie labbra, sono sedute sul posteriore del mio avvicinarmi, le appoggio, sento una scarica elettrica che mi scuote, odore e sapore, un voltaggio alto, un elettricità umana, sento le pulsazioni del tuo cuore, ho la carotide nelle mie labbra, sento la vita pulsare. Vorrei poter fermare l'emozione di quello che sento, poter s**ttare una fotografia da archiviare nell'album della mia memoria.

Sento che sorridi, sento che la mia pelle e il mio odore non ti disturbano, sento che la tua mano si appoggia alla mia spalla, sento l'altra mano che si appoggia sulla mia schiena, sento che mi abbracci, sento che mi stringi, sento che piangi, sento che ridi, sento che vivi.
Mi sembra impossibile una dolcezza tanto grande esplosa nell’abbraccio liberatorio, ancora posso sentire il vapore acqueo del nostro incastro, ancora posso sentire la consistenza del tuo corpo, ancora nelle narici ho dinamite, esplosioni di identità antiche, la tua, direttamente nella mia testa.

Siamo in piedi, il nostro abbraccio si è sciolto, come i nodi dei nervi che provocano dolori, ci stiamo guardando, siamo fisicamente diversi, io sono alto un metro ottantadue circa, ho un fisico da rugbista, i miei capelli sono biondo castano, qualche filo bianco, ho basette lunghe, pizzetto, porto occhiali da intellettuale, eleganti, mi aggraziano il viso, ho occhi verdi, la mia pelle è lattea, le mie mani sono curate, non presentano segni o escoriazioni Tu sei minuta, alta un metro e cinquantasei, sei magra, hai capelli castano scuro con rilessi rossi, fini, lisci, hai pelle marziana, il pallore è principesco, gli occhi sono lame, sono delle linee, la pittrice, tua madre e lo scultore, tuo padre, hanno fatto un capolavoro, una bocca dolce, la tua anima muove le espressioni come un burattinaio interiore, m’incanta l'espressività, viene da altri mondi, mondi interiori, mondi emersi in altre posizioni.

Penso che potremmo anche essere consanguinei, entrambe abitanti del mondo, entrambe nelle nostre vite siamo degli Icaro contemporanei, al posto delle ali di cera, voliamo nelle connessioni , connessioni sicure, sospensioni elettriche al centro dei server, la dipendenza dall’elettricità è il rischio che abbiamo deciso di correre fino a questo momento. Ti prendo la mano e con una magia i nostri piedi ritornano ad essere animati, erano affondati nella terra come alberi secolari, come se fossimo li dalla nostra nascita, espulsi con ancora addosso la camicia primordiale, bagnati con un liquido amniotico, siamo vergini per entrambi, belli, la campagna toscana è ai nostri piedi.

C’incamminiamo altrove, rimaniamo in silenzio, siamo nella sintonia silenziosa, la più bella, la più profonda, non abbiamo bisogno di riempire vuoti con parole buttate casualmente, siamo quello che siamo, con le nostre timidezze, con le nostre anime, con le nostre differenze. La curiosità non sta nel sapere in modo nozionistico la tua vita, i tuoi segreti, le tue emozioni, i tuoi problemi, è già tutto chiaro, mi hai già scritto tutto, sono il custode privilegiato della tua anima profonda, non sento l’esigenza di riparlare di cose che già mi hai detto, sento l’esigenza solo di completare il puzzle costruito, tagliato in tasselli e montato, ora è il momento di colorare il puzzle con tutto quello che è necessario, emozioni registrabili con gli occhi e con i pori della pelle.

Anche tu sai tutto di me, ti ho scritto la mia biografia, nel bene e nel male, ho pizzicato le mie corde più profonde, ti ho mostrato le mie fragilità, le mie crisi interiori, le mie frustrazioni, le mie luci, non devo puntualizzare nulla di più di quello che ho già fatto. Siamo entrambi fidanzati, io di lungo corso, tu ti trovi in una relazione iniziata poco prima che le nostre anime si scontrassero.

Situazioni opposte, deflagranti, entrambe però nella stessa condizione, scegliere, sapendo che il tunnel ci sarà, e non sarà corto, non sarà comodo, e l’uscita è incerta.
Ci siamo scambiati pochissime parole, probabilmente entrambi sentiamo l’esigenza di recuperare un silenzio che non ci siamo mai potuti concedere a causa della barbaria contemporanea, short message, post, lettere d’amore non scritte di pugno ma digitate con la danza delle dita, svestite in rappresentazioni teatrali, la tastiera il palco, lo schermo la platea.

Il paesaggio mi scalda, i colori trasformano le mie sensazioni, sento il tutto che converge negli occhi, sento gli uccelli che ritornano nelle mie interiorità, sento un tumulto naturale, ti osservo, sei rapita dall’energia, senti anche tu la via, la bolla speciale per gente come noi di speciale disperazione. Ti chiedo senza peli sulla lingua :

E adesso? Come usciamo da questo incantesimo? Come facciamo a tornare a casa? Come facciamo? Aiutami perché credo di non avere strumenti nel gestire il dopo, aiutami a capire dove è la mia casa, dimmi se sei tu la mia casa.

Ascolti le mie paure, ascolti le mie involuzioni, mi sorridi, mi accarezzi il viso, mi tranquillizzi, sento che sei una donna magnifica, oppure sai cosa devi fare per tranquillizzare un uomo, non so, ma sento le mie risposte che vengono a galla come il perlage dello champagne, ogni bollicina una parola, tante bollicine un pensiero articolato. Mi faccio tranquillo, quieto, domino l’ansia, e ti chiedo scusa, viviamoci il presente poi domani vedremo se le sedimentazioni di questa giornata saranno imponenti come il calcare dell’acqua.

Le nostre mani sono salde, incollate dalla consapevolezza di dover e poter godere di tutta la giornata, di tutta la luce, di tutta l’energia disponibile. Sentiamo il bisogno di sederci, c’è un tronco d’ulivo, probabilmente tagliato per colpa della neve che ha appesantito la sua storia, sediamo uno di fianco all’altro. Sappiamo benissimo a cosa andremo incontro, sono seduto con i gomiti appoggiati alle ginocchia, le mie mani tengono indietro i miei capelli, sono accucciato come se dovessi proteggermi da quello che accadrà, voglio che accada, ci mancherebbe, mi annichilisce il saluto che avverrà, e mi chiedo se abbia un senso volare in cielo per qualche ora per poi ritornare sulla terra con un senso di disgusto, di vanità.

Tu sei alle mie spalle, mi volto, incontro gli occhi, incontro l’anima, incontro la tua voglia, riconosco la mia voglia, appoggi il tuo palmo sul mio viso, vorrei sciogliermi dentro ed entrare nel tuo flusso sanguineo, vorrei poter accedere ai tuoi segreti interiori più profondi sotto forma di globuli rossi. La mia mano cerca il tuo viso, lo trova, si abbandona, due statue che si sorreggono sull’ulivo, albero del mondo, albero della pace, albero dell’amore.

I nostri occhi non si staccano neanche per un secondo, il tempo è contemporaneamente fermato, perché non passi e non finisca, accelerato per recuperare passato e futuro. Siamo attratti come calamite, le mie labbra sono la carica negativa, le tue quella positiva, sentiamo il magma greco che ci attrae, non riusciamo più a res****re, le nostre bocche s’incontrano, come due filosofi antichi che si confrontano, si studiano, si assaggiano, i discorsi si fanno profondi, pizzicano le corde vocali in accettazioni consenzienti nel dipingere nuovi orizzonti, orizzonti orari.

Le nostre braccia si serrano sulle schiene, si tirano, si tendono allo spasmo, sento la tua voglia di portarmi dentro, sento la mia voglia primitiva di stritolare l’amore, il cuore. Non riusciamo a trattenerci, la mia bocca ha bisogno d’esplorare, mi sento il tuo Marco Polo, mi sento in Cina, sono in Cina, posso percepire il tuo pulsare guerriero e fiero, posso sentire il tuo pudico abbandono, filo della cultura alla pari. Sento il tuo collo abbandonato in convulsioni, so che non è il collo e nemmeno il cuore, è il cervello, è l’elettricità della storia, è il compimento del viaggio nel trovare viandanti affini, persone con le quali garantirsi il proseguimento della specie umana, non etnica, una scelta primitiva che mette al di sopra la detonazione inconscia, le parole sono solo convenzioni sancite, quello che rimane è una forte eccitazione reciproca, una forte attrazione da consumare per poi riaccenderla e così via in un infinito perfetto.

Le nostre bocche cercano di dissetarsi nell’altro, cercano di fare il pieno di energia, sono baci profondissimi, sono baci che mandano a fondo, vanno fino in fondo, siamo due universi convergenti, siamo duo mondi paralleli, incontrati per caso, per ostinazione, per cortesia, per sensazione. L’ulivo è il testimone delle nostre promesse d’amore, non dette, sancite dalle nostre salive, dalle nostre creature biologiche, dal nostro volere di eterno. Ci guardiamo negli occhi, conosciamo gli sguardi di chi deve assecondare l’urgenza dell’amore, le pupille scintillano, l’iride si contrae e si gonfia, emana il suono della vittoria, posso sentire il magma interiore, il mio ed il tuo.

Il tuo baciarmi mi ha scosso, sento i brividi lungo la schiena, tu li rincorri con le dita, invano cerchi di spegnerli, per fortuna la fiamma è arrivata alla base della mia nuca, sono detonato, le schegge elettriche scorrono nei nervi portando endorfine e adrenalina, sento il corpo tendersi, sento l’inevitabile scossa sulla parte di me che rende palese la mia eccitazione, rende palese la mia necessità di entrare dentro alla tua intimità. Sento le contrazioni del tuo bacino, sempre più schiacciato, sempre più danzante, sei sopra, ti sei seduta mettendo le gambe nel senso contrario alle mie, sento il tuo respiro profondo, sento la tua dolce eccitazione, sento l’inconfondibile tremore.

Mi stai baciando il collo, la tua lingua scrive messaggi in codice, un segnale morse per sottomarini, è una richiesta d’aiuto, il tuo incendio sta divampando dalla nuca ai piedi concentrandosi all’altezza del cuore, sono certo del tuo segnale di sos, mi stai chiedendo di fare l’amore, me lo sussurri nell’orecchio, posso sentire il vapore. Ti prendo le mani con il viso e delicatamente ti posiziono gli occhi davanti ai miei, tu cerchi di baciarmi, con la tua carne umida tocchi le mie labbra, ma devo riprendere lucidità, devo ragionare, metto la mia mano sulla tua bocca per fermarti:

Io: Fammi parlare, ascoltami, non possiamo farlo qua, chiunque potrebbe vederci!

Tu: Non mi interessa, voglio fare l’amore con te, non mi frega niente se qualcun ci può vedere.

Continui a cercare la mia bocca, la mia lingua, vuoi farmi tacere, non vuoi sentire i pericoli, ho la conferma di quanto già avevo capito, sei uno spirito indiano, una splendida incosciente, una giovane donna che non si preoccupa delle conseguenze, ora e adesso è il tuo credo.

Io: Voglio poterti esplorare, assaggiare, voglio banchettare con te, voglio potermi abbandonare alle tue braccia, ai tuoi pensieri, alle tue parole ma ti prego ragiona!

Tu: Lo possiamo fare qua, guardati attorno, non c’è nessuno, non ci sono case, siamo qui, io e te, da mesi che aspettiamo questo incontro, voglio che il nostro scontro sia completo, domani voglio svegliarmi con le lacrime agli occhi per la felicità del tuo odore sulla mia pelle, domani voglio piangere perché dovrò fare delle scelte, ho bisogno di sentirti dentro, voglio capire se i nostri corpi s’incastrano, voglio apprendere chi sei.

Queste parole mi turbano, sento le mie viscere che si rivoltano al cervello, non mi tocca altro che fare l’arbitro di me stesso, capire se gli sfidanti stanno giocando senza scorrettezze. Sento la mia palpitazione umana, comincio a sentire l’odore inconfondibile della mia e della tua voglia. La tua testa si è ripresa di diritto la mia spalla, le tue mani mi avvolgono collo e nuca, le tue dita mi tirano i capelli come se dovessi distrarmi dai miei pensieri, nell’orecchio cominci a cantarmi una canzone nella tua lingua, una melodia antica, mi sussurri che si canta questa canzone all’uomo della propria vita.

Non riesco a crederci, non riesco a capire, ti avevo fatto delle domande alle quali tu al posto di darmi parole mi hai dato carezze, il perlage mio interiore ha trovato le risposte, tu ora mi canti l’amore, mi canti che tu sei la mia casa, devo pizzicarmi, devo risalire la china se non voglio finire in fiat uno in Cina. Passano alcuni secondi, guardo alla mia destra, osservo alla mia sinistra, questo è il casello di sola entrata, non si può tornare indietro, non si possono fare inversioni di marcia, ti guardo negli occhi, comincio a rispondere ai tuoi colpi, comincio a parlare con la tua lingua, sono strette di mano che sanciscono un patto d’onore, un patto d’amore.

Le mani cominciano per la prima volta ad esplorarti, sento la tua schiena, i tuoi fianchi, le tue gambe, siamo vestiti, ma l'immaginazione mi porta a sentire la tua pelle. Mi infili le mani sotto la giacca, sotto la mia maglia, senti la pelle, le tue dita sono fredde, mi fanno venire i brividi, sento i tuoi disegni, sento il tuo piacere scaricarsi sui polpastrelli, ti stacchi dalla mia bocca, ti allontani, mi guardi, le tue mani vanno sulla cintura, la tua espressione è candida, dolce, come se quello che stiamo facendo sia il modo migliore per pulirci a vicenda, per scolpire nel tempo il nostro incontro, il nostro futuro, mettere ordine nel mondo.

Mi slacci la cintura, mi sbottoni, ti fermi, vuoi anche tu essere coccolata, voi anche tu essere al centro delle mie attenzioni. Le mie mani si fanno strada, entrano dalla maglia, sento la pelle, sento la schiena scolpita dagli spasmi dei tuoi dolori, vorrei piangere per il dolore che ti sei inferta, conosco quei muscoli, conosco gli spasmi di chi piange, il tuo ventre è piatto, caldo, le mie dita arrivano al tuo seno, non porti il reggiseno.

Nella mia mano la tua carne s’indurisce, i capezzoli dichiarano un urgenza materna, un urgenza di fame, posso sentire l’odore della tua pelle, posso intravedere i seni, posso assaggiare la consistenza con le labbra, con la lingua, con la faccia. Il tuo cuore batte il tamburo sulla pelle del tuo seno, i battiti profondi sono terremoti per le vene, sono infiltrazioni aliene nelle arterie dei cani randagi. Scendo in profondità all'altezza dello stomaco, all'altezza del ventre, all'altezza della tua corona, so che sotto la pelle il tuo utero è una croce ben più sacra del crocifisso cattolico, ben più sana rispetto alle millenarie paure.

Mi fermo e ti guardo, con gli occhi stiamo facendo l’amore, aspetto il tuo ultimo assenso, non ci parliamo, ti limiti solo a guardarmi con un sorriso, con l’espressione di chi sa cosa vuole, e sento che mi vuoi, sento che devo entrare nella tua intimità per chiudere il nostro cerchio magico. Slaccio l'ultimo ostacolo, porti degli slip color carne, le mie dita si fanno largo nei leggins, i miei polpastrelli iniziano a sentire il calore, iniziano a sentire il vapore, le mie narici inspirando con furia raccolgono tutto l’aroma che proviene dalla tua interiorità, è un odore di te, è un odore di mare ma il mare non c’è, è un odore di sapone ma il sapone non c’è, è un odore d’amore.

Prendo con le dita l’elastico, con curiosità infantile guardo verso il basso, come se non conoscessi cosa c’è, ma tu sei vergine per me, ed io per te, intravedo la tua natura, intravedo il tuo monte di venere ricoperto dalla stessa vegetazione di questa collina primaverile, non riesco a trattenere il mio respiro, la mia voglia, di assaggiarti, di farmi assaggiare. Infilo le mani dentro al guanto, sento la tua pelle liscia, ben depilata, la posizione in cui siamo non mi permette di entrare facilmente, il mio dorso della mano è sulla tua collina, con la punta delle dita arrivo in prossimità della tua vagina, i tuoi slip sono umidi all’altezza della vulva, posso distinguere molto chiaramente la densità, senza vederla sento che è fluida.

Con le falangi delle dita sento il tuo fiore, sento la tua protuberanza carnosa, sento il tuo clitoride, sento le tue contrazioni, apro il clitoride alle mie volontà, lo pizzico dolcemente, lo ingigantisco, lo tranquillizzo. Il scivolare sulle tue onde elettriche, sfregare le molecole della tua intimità, lasciano fuoriuscire le tue piccole gemme, luminose, bagnate, calde, piccole sfere che si tramutano in torrente, appagamento per la mente. Il tuo piacere prende quota, sento le vibrazioni del tuo corpo, lo sfregamento del tuo bacino sulla mia felicità, sento il tuo orgasmo che arriva, stai venendo, ti stai abbandonando, stai fantasticando in mondi sommersi, la tua anima è volata via, ti vengo a riprendere, ho i fili per farti venire nei miei occhi.

Sento il tuo respiro, sento la tua guancia sulla mia spalla, sento la tua vita che si abbandona a me come un dono, sento la tua fiducia, senti il mio rispetto, senti che ti puoi abbandonare, senti che ti raccoglierò nei tuoi pianti, nei tuoi dolori. L’aria è calda, il vento soffia leggere scariche di aromi floreali, gli odori si mescolano con i tuoi, il mio trasporto è totale, il tuo abbandono è primordiale.

Non resisto, la posizione non mi permette di assaggiarti, devo soddisfare la mia urgenza, sfilo la mano e porto il mio indice alla bocca, devo conoscere i sapori, gli odori. Ti stacchi, mi osservi divertita, mi guardi appagata dell’esserti concessa, ti guardo negli occhi mentre annuso il tuo piacere, odora di salsedine, è un odore dolce, vegetale, di mare, senza abbandonarti gli occhi lo assaggio, sento il salmastro tipico delle paludi, tipico dei sali minerali corporei, sa di ostrica, sa di alga marina.

Vuoi banchettare con me, ti unisci ad assaggiarti, non posso fare altro che abbandonarmi al tuo desiderio, al mio destino segnato di fedigrafo, al nostro destino indiano.
In bocca abbiamo il sapore di te, abbiamo ancora il mare dentro, abbiamo ancora la rivoluzione nelle vene, possiamo percepire lo scorrere del nostro sangue, del nostro farci del male, sei con i pantaloni slacciati, ho appena sentito i tuoi umori, posso annusare il tuo sesso, siamo in una campagna che sta facendo da scenografia al nostro primo incontro, al nostro primo rapporto.

I nostri sguardi sono lame, sono dinamite, ogni cosa intorno a noi viene bruciata dalle nostre voglie, dalle nostre intenzioni guerriere, mi godo questo stato liquido, questa bolla in cui il tempo è solo un ricordo lontano, sento i tuoi capelli che mi accarezzano il viso, sento il tuo piacere dissolversi nell’aria, sento la tua anima che diventa terra, sento il tuo fiore che reclama. La tua bocca mi bacia il collo, mi guardi , accenni un sorriso profondo come il tuo viso, con le mani cominci a esplorarmi, cominci ad intrufolarti, cominci a toccarmi, comici ad assaggiarmi.

Il tuo tocco è dolce, non è smanioso, non è invasivo, sento un campo magnetico, sento il sole che mi porta via, sento la terra che mi accoglie nella sua storia. La scarica celebrale è violentissima, l'erezione è al massimo della sua rappresentazione. Le tue dita mi tengono in pugno, con il pollice, l’indice e il medio stringi il mio membro, accarezzi il glande, ti odio, non puoi farmi questo, sull’albero, nella campagna toscana, in una bolla temporale che è esplosa, non so dove mi trovo, non so chi sono, so solo che tu mi stai tenendo in un ostaggio d’orato, una prigionia elettrica, le tue dita e i miei jeans sono la mia anestesia.

Ti bagno le dita, sono le mie secrezioni, è la mia eccitazione, mi baci, mi tiri su la maglia per poter assaggiare la pelle, leccarla, giocare con il mio ventre, ho la giacca che è diventata il sipario della tua rappresentazione, della tua liberazione. Le mie braccia ti serrano i fianchi, le mani impastano il tuo corpo, sempre più caldo, sempre più agitato, sempre più nucleare. Le dita trovano l’ingresso del cinema d’essai, sento il tuo sedere, sento la pelle, siamo avvinghiati, siamo serrati, siamo un corpo unico, la tua mano è glucosio per il mio diabete di piacere, le mie mani incontrano le tue cavità, le tue condotte umane, solide certezze, liquide emozioni.

Con i polpastrelli posso sentire la tua pelle liscia, tra la vulva e l'ano, è pelle nascosta, è pelle con terminazioni nervose, fili che sono collegati direttamente al tuo cervello, è pelle viva. Sento le mie e le tue scariche elettriche, le nostre bocche sono attaccate dai cani, si morsicano, si leccano le ferite della vita, accolgono i nostri aliti profondi, rovesciamo la nostra essenza l’un l’altro come custodi di templi, appendiamo le chiavi interiori nelle nostre bocche consapevoli di trovarle per l’eternità.

Le mie dita entrano, scivolano sulla tua vulva, liscia, senza ombra, dalla pelle al cuore, non ci sono inciampi, non ci sono peli sulle tua bocca, il clitoride è indurito ancora pulsante dall'orgasmo di prima, sento i tuoi umori interiori, sento le mie dita dissolversi nella tua vagina, sento il mio cervello che accende luci di brina. Sento le tue pareti, sento i tuoi confini, morbidi, delicati, umidi, sono grotte calcaree adatte per lasciare stagionare il mare, sono il tunnel che mi porterà alla tua fecondità, all’universo umano, alla tua cellula uovo.

Il tuo utero è tanto dolce quanto forte nel tenere in piedi il destino del mondo, l’uguaglianza è l’origine, il modo per generare vita e piacere è l’unica strada che conosco indistinta nelle specie terrestri consenzienti. Le nostre differenze sono azzerate, siamo embrioni, atomi, esplosioni, siamo uguali, ci incontriamo nel tuo sesso, sulle tue pareti, nel mio sperma, nel tuo cervello, nei miei tendini. il cuore? Ti chiederai, è una pompa perfetta che garantisce tutto questo, che alimenta con il sangue la vita, che ci permette di essere qui sull’ulivo, che ci lascia perdere mentre svolge la sua meccanica funzione, che riprende le nostre anime come degli aquiloni in balia dei venti, in balia delle tempeste, in balia dei lampi.

Sarà lui a riportarci sulla terra, immetterà il sangue per accendere fari in questo buio condiviso, in questo momento in cui abbiamo le serrande abbassate, ci rifarà aprire gli occhi, nelle vene sarà rilasciato uno speciale fluido che il nostro muscolo lascerà circolare liberamente come l’acqua per la gente, porterà in tutte le nostre cellule un codice chiamato umanità.
Siamo aggrovigliati come fili di lana, il vento e i gatti ci hanno spinto sul tronco, sulla storia del territorio, ogni tirare reciproco smuove viscere profonde, arcaiche, nostre, sento tutto che scorre, non vedo nessuno all’orizzonte, solo io e te a capo della collina, incendiata dalle nostre visioni, bruciata dalle nostre passioni.

Sento che è giunto il momento, sento che siamo arrivati all’aeroporto, dobbiamo imbarcarci, dobbiamo essere perquisiti, dobbiamo salire a bordo, ci stanno chiamando, senti, ci sono i nostri nomi nel megafono radioattivo del cielo toscano, senti dobbiamo incontrarci, senti dobbiamo scontrarci, dobbiamo possederci, dobbiamo entrare nelle nostre anime e rimuovere ogni tipo di arredamento, chiudere le finestre con assi di legno, la tempesta, l’uragano, senti che dolce vento. Ti faccio riemergere il viso dalle mie interiorità, sono metropoli le tue interiorità, le mie mani ti tengono il viso, voglio guardarti, voglio vedere se trovo gli occhi, voglio annusare la tua verginità, quella che riguarda la tua volontà, accendi i fari, illumini la terra, sprofondiamo in una dolce guerra.

Ti faccio alzare, siamo nudi a metà, assieme ne facciamo uno, diventeremo nessuno, spariremo nella battaglia atlantica, sottomarini in azione pronti a scaricare tutta la rabbia e la comprensione nelle acque rinascimentali terrestri. I tuoi capelli sono orizzontali, trascinati dal vento, ti volto, rimango a sedere sul tronco, il tuo sedere è all’altezza della mia bocca, sono un carnivoro , amo il sangue, amo i fluidi corporei, primordiali, essenziali, tu stai guardando verso l’orizzonte che disegna con le sue irregolarità la sega che divide la terra dal cielo, che divide la nostra realtà con la nostra provenienza.

Affondo le labbra, affondo la mia faccia, con la punta della lingua assaggio, ti mangio, ti ingoio, ti assaporo, vorrei poterti entrare dentro, una voglia di nascita al contrario, alla vita sono arrivato, all'origine son tornato. Il tuo sapore marino, per me uomo di mare, per me che l’inverno sulla spiaggia non ha bisogno di narrazioni, per me che l’odore della salsedine è cosa preziosa, trovare queste conferme sono lacrime dagli occhi, laterali, pudiche, precise nel disegnarmi sul volto lo stato di grazia.

Tu devi ricambiare, non puoi lasciarmi andare, mi baci profondamente, intensamente, come ancora non abbiamo fatto, sento il fondo dell’anima, l’immensità della tua pancia, scivoli come l’acqua, con la lingua salti ostacoli, distrazioni, tessuti, arrivi all’altezza del mio bacino, sono a sedere, mi godo tutto senza esclusioni, senza immagini, chiudo gli occhi e aspetto seduto sulla sedia elettrica che sia compiuta la tua volontà omicida, la tua predisposizione assassina. Sento il caldo delle tue labbra, sento l’umido della tua lingua, sento l’impasto dei nostri cromosomi, la tua saliva e i miei umori uniti dal piacere, Sento di non poter res****re a tanto, sento di non riuscire a trattenere quello che non deve essere trattenuto, lo senti, mi senti, ti fermi, conosci l’arte dell’amore, conosci l’orgasmo maschile, sai che superata una certa soglia d’eccitazione il controllo sarà completo.

Torni da me, sulla mia bocca, come una bambina mi porti il risultato dei tuoi studi, delle tue comprensioni, vuoi essere ascoltata, mi porgi il mio sapore unito alla tua saliva direttamente dalla tua bocca, sono in estasi, niente in questo momento è più erotico ed eccitante di quello che mi stai piacevolmente facendo. Ti giro, i tuoi leggins sono abbassati fino a poco prima delle tue ginocchia, posso vederti, posso sentirti, mi alzo e ti abbraccio da dietro, anchio ho i miei jeans alle ginocchia, ti avvolgo con la mia giacca come fossi Batman, il mio tessuto ti proteggerà dai proiettili e mi proteggerà dagli stessi proiettili, stessa natura la violenza che si scaglierà su di noi per questo nostro dolce fare l’amore.

Come un sommozzatore mi lascio cadere lentamente sul tronco d’ulivo, molto dolcemente ti porto dietro, la tua mano dirige il nostro piacere, scivola dentro, scompare per riapparire nelle sensazioni umane, nelle percezioni indiane. Ti appoggi con la schiena su di me, ti tengo stretta, non ti lascio andare, è l’incastro, dobbiamo sentirlo, non è energia cinetica, sono esplosioni, sono detonazioni, micro cariche che stanno facendo saltare gli argini, sento il tuo sangue bollire, sento il tuo vapore tracimare dalla pelle, sento tutto, sento il tuo utero, sento le nostre pelli che si stanno baciando in profondità.

Inarchi la schiena metti le tue mani sulle mie ginocchia e sperimenti la nostra unione, danzando, ballando, una dolce penetrazione, posso vederla, posso sentirla, vorrei poterti trasmettere quello che sento ma non è necessario mi stai dominando con il tuo piacere, mi stai permettendo di non avere più segreti, sono in te e tu sei in me. Il nostro ballo si fa ritmato, siamo due musicisti che hanno trovato il ritmo, siamo a tempo, siamo nel tempo, gli accordi si fanno cupi, si fanno acuti, si fanno pause, si cambia, soffia il vento.

Sento che stai per raggiungere il tuo primo orgasmo con me attore protagonista, sento le tue dita che cominciano a danzare sul tuo clitoride, sento le contrazioni del tuo utero che risucchiano il mio membro, sempre più lucido, sempre più bagnato, sento che sai allo spasmo, sento il tuo venire, sento il tuo piacere polifonico, voci antiche dalla gola, dallo stomaco, dal cuore. Stai vendo ed io di sicuro ti seguo, non voglio che diventi individuale il tuo venire, voglio fare un viaggio mano nella mano con te direzione ignota, futuro incerto, ma ora vengo , ti abbraccio, sento il mio liquido che si unisce al tuo, si stanno trasformando, diventano vita, diventano piacere, diventano amore.

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