Primo appuntamento
rilasciato 09.05.2017 in categoria sesso raccontoIo e la mia Sveva siamo sempre stati una coppia con una passione irrefrenabile.. sin dal primo appuntamento. Ci siamo conosciuti su una chatt di quelle molto comuni, ed in quella fase si parlava di birre e passioni comuni; c'è stata subito intesa prima ancora di vederci dal vivo, percepivamo entrambi l'uno dell'altra di essere profondamente in sintonia.
Così ben presto, una sera di dicembre, arrivò il nostro primo appuntamento. Arrivo sotto casa sua un po' in ritardo perché quel giorno ero stato trattenuto a lavoro.
Pochi minuti e lei esce, è bellissima, ha una gonnellina corta niente male, di quelle che alla prima occasione ti vien voglia di tirar su senza ritegno! Ma non era ancora il momento. Sopra una camicetta ed un maglioncino, che la rendono sensuale ma anche fine ed elegante.
Mi aveva parlato spesso delle birre che amava bere, ed erano tutte rosse, corpose e abbastanza alcoliche, così decido di portarla a cena in un pub dove sapevo avessero la mia preferita, di quelle che ne basta una per sentirsi brilli e senza freni.
Lungo il tragitto, ci raccontammo i nostri pensieri su chi avremmo incontrato, e come saremmo stati, fu divertente ed eccitante.
Intanto io mentre guidavo non riuscivo a toglierle gli occhi dalle cosce, belle, affusolate, lunghe. Le calze di seta nera le rendevano terribilmente attraenti. Lei continuava ad accavallare prima l'una poi l'altra, sembrava si fosse accorta del mio sguardo e mi sentivo stuzzicato ed eccitato come mai prima d'allora. Ebbi un'erezione poderosa, sentivo il mio cazzo crescere e gonfiarsi pulsando, sembrava stesse per esplodere fuori dal pantalone, ed ho continuato a guardargliele, con quella sensazione di torpore che solo quando sei così eccitato provi, sperando che la gonna si alzasse abbastanza da farmi vedere più su tra le cosce, ma senza accorgermene eravamo arrivati a destinazione.
Il pub in questione si trova all'angolo tra una strada principale ben illuminata dove abbondano bar, negozi e birrerie, ed un vicoletto con luci fioche e case trasandate, un posto sudicio e poco curato. C'erano molti posti auto perciò decisi di parcheggiare lì, poco lontano da una finestrella da cui spuntava una luce soffusa.
“Bene andiamo” dissi. Aspettai che fosse prima lei ad uscire dall'auto, volevo guardarla aprire le gambe per scendere ed ammirarle il culo.
Lei per un attimo non capì il mio indugiare, ma poi dovette leggermi nel pensiero, e lentamente divaricò le cosce, inarcò la schiena girandosi, aprì la portiera e si piegò in avanti fuori dall'auto mettendomi il suo culo davanti alla faccia proprio come lo stavo sognando. “Che culo! Ci sa fare davvero” pensai tra me e me.
Ci apprestammo ad entrare, quella sera c'erano poche persone, decidemmo per il tavolo in fondo; lei incedeva fiera, si muoveva sinuosamente sui suoi tacchi, mentre io la seguivo da dietro godendomi lo spettacolo del suo culo fasciato in quella eccitante gonnellina.
Ci sedemmo, Sveva non aveva molta fame, per cui ordinammo subito una Kasteel Rouge da 0,75ml ed una porzione di patatine fritte da stuzzicare.
La serata trascorse veloce tra i racconti delle nostre vite ed i suoi apprezzamenti a quella birra che ad ogni sorso la “accoppava” sempre di più, come lei stessa disse. Devo dire che anche a me faceva sempre più effetto, così che anche le battute ed i complimenti diventavano sempre più spinti.
Ad un certo punto mi disse di dover andare in bagno, ma che le gambe non rispondevano più ai comandi. Scoppiammo in una fragorosa risata, e subito malizioso mi proposi di accompagnarla, lei arrossì e con un gesto involontario strinse le cosce come a stimolarsi la figa, ma elegantemente rifiutò sebbene i nostri sguardi dicessero altro. Si allontanò barcollando e rigirandosi spesso a guardarmi e a ridere con me. “E' fatta!” pensai.
Chiesi velocemente il conto, ed al suo ritorno, decidemmo d'andare via.
Raggiungemmo l'auto abbracciati per sorreggerci l'un l'altro, eravamo ubriachi, inciampavamo di continuo e le nostre risate si dovevano sentire da lontano. Dovetti accompagnarla alla portiera perché Sveva non si reggeva in piedi, io seppur brillo avevo ancora il controllo della situazione. Salii anch'io in macchina. Fremevo di eccitazione. Appena al mio posto, feci per distendermi e rilassarmi, perché sebbene stessi meglio di lei, la kasteel è pur sempre una signora birra. Mi girai verso Sveva, lei era seduta sul fianco, con gli occhi chiusi e le cosce ben serrate.
“Cazzo ho esagerato!” pensai. “Vuoi vedere che mi si addormenta?!”
Aspettai qualche minuto, i pensieri si affollavano nella mia mente. Prima eccitazione, poi delusione, infine rabbia. Passavano i minuti e lei continuava a stare con gli occhi chiusi. “Che succede?”, “Che sta facendo?” “Ma questa veramente fa??” “O la va o la spacca!”
Non ne potetti più e le infilai la mano sinistra tra le cosce. Le teneva serrate, dovetti fare forza, eppure continuava a stare con gli occhi chiusi.
Sembrava opporre resistenza ma non si lamentava, sembrava stesse lottando contro se stessa piuttosto che con me. Mentre con la mano mi facevo spazio sotto la gonna cominciai a baciarla con impeto. Prima il collo, poi le guance, infine le labbra, gliele succhiavo, gliele mordevo e poi cominciai a leccargliele.
Sapeva di latte, il gusto di quella donna ubriaca non era di birra ma di latte. Mi eccitò terribilmente, affondai ancora la mano ed in un ultimo colpo ero alla figa.
Sveva ansimò e la sua lingua non potette fare a meno di fare capolino tra le labbra dischiuse per quel sussulto di piacere. Era fradicia. I suoi umori avevano inzuppato il perizoma e le calze al punto da farmi avere la completa percezione dell'interno della sua figa. Le cosce cominciarono ad aprirsi, ed io in un attimo ero con la mano già oltre le calze e le mutande per affondare l'indice ed il medio in quella pozza calda di piacere.
Il sussulto lasciò il posto a dei gemiti profondi, stava godendo, e con la lingua impazzita cominciò a leccarmi ovunque. Ansimava da vera troia, ed io al solo pensiero che era lì, ormai a cosce larghe, sul sedile della mia macchina che si faceva infilare la mano nella figa, al primo appuntamento con un perfetto sconosciuto, mi sentivo le palle esplodere. Le presi la mano con decisione e me la misi sul cazzo duro.
Cominciò subito a massaggiarmelo, ed in men che non si dica l'aveva già tirato fuori e mi stava segando.
Onestamente, come primo appuntamento, avrei potuto ritenermi anche soddisfatto, le avrei sborrato sulla mano e lei avrebbe innaffiato la mia, ma il bello ancora doveva arrivare.
La passione era alle stelle ed i freni inibitori erano belli che andati. Volevo succhiarle le tette, lì in mezzo a quella stradina buia di periferia.
Cominciai a strizzargliele da sopra il maglione con la mano destra mentre la sinistra continuava a ravanarle la figa inzuppata. Ad ogni mia nuova iniziativa seguiva un nuovo sussulto, un nuovo gemito, ed io mi sentivo spronato ad andare sempre più oltre. Le alzai la maglia, le sbottonai la camicia e davanti mi si aprì un nuovo mondo.
Sveva ha una terza abbondante di reggiseno, due tette sode, grandi, con capezzoli chiari e turgidi che puntano all'insù.
Per uno come me, che adora succhiare tette, quello era il paradiso, ed anche lei sembrò gradire la mia tecnica, tanto da gemere ancor di più di quanto non facesse già. Il capezzolo destro non si era ancora totalmente destato dal torpore, così tolsi la mano dalla figa e lo inumidii con i suoi succhi prima di succhiarglielo a dovere. Lei impazzì a questo gesto inaspettato. L'ultimo stralcio di pudore che le era rimasto lo perse in quel momento, divenne una vera porca assatanata di sesso.
Mi spinse con forza verso il mio posto, io abbassai lo schienale, ed in un attimo era sopra di me che mi scopava a smorzacandela. Era irruente, decisa, si era infilata il cazzo nella figa con grande maestria e continuava a spingermi le tette sulla faccia per farsele leccare e succhiare. Spingeva, spingeva forte e gemeva. Godeva nel sentire il mio cazzo duro dentro di lei, mi raccontava le sensazioni che le dava, e continuava ad urlare il piacere di sbattere il culo sulle mie palle.
Avevamo completamente perso il controllo, inebriati dal piacere e completamente incuranti, o quasi, del fatto che fossimo in un luogo pubblico e che chiunque avrebbe potuto vederci. O quasi.
Sveva continuava a ripetere che fossimo per strada e che qualcuno sarebbe potuto passare, che era assurdo quello che stavamo facendo, e più lo diceva e più gemeva e più spingeva forte. Ogni tanto sembrava rallentare il ritmo, guardarsi intorno per poi ricominciare a fottermi ancora più forte.
E mi chiedeva di stare anch'io attento, ma onestamente a me l'idea di scoparla lì, in pubblico piaceva e molto anche, quindi non me ne sono proprio preoccupato.
Ad un certo punto, è lei a voltarsi e ad esclamare “Lì alla finestra! C'è uno che ci guarda!”, si rannicchiò addosso a me e fece come per coprirsi le tette al vento. L'uomo dovette sentirla e si ritrasse spegnendo la luce, tanto che io guardando verso la finestra che mi aveva indicato, non vidi nessuno.
Ricordavo che all'inizio della serata c'era una luce accesa ma ora era tutto spento e nessun segno di vita.
“Ma no”- dissi -”Non ti preoccupare, non c'è nessuno”, e con la mano dietro la schiena la invitai a riprendere il ritmo.
“Si ti dico, c'era un uomo!”- insistette – mentre ricominciava a fare su e giù sul mio cazzo duro.
L'eccitazione era tanta, Sveva scopava da Dio, ma adesso quella curiosità stava mettendo altro pepe nei nostri pensieri.
Tenni d'occhio quella finestra.
Non passò molto tempo prima che effettivamente scorgessi anch'io un'ombra che poco per volta tirò fuori parte della testa e si sistemasse a godersi lo spettacolo. Sveva continuava a galopparmi come una forsennata ed io ero in estasi, diviso tra le sensazioni che lei regalava al mio uccello ed alla mia bocca ed il pensiero che quel tipo si stesse eccitando guardando la donna che mi stavo scopando.
Poco dopo, lei si voltò di nuovo ed esclamò “Vedi che c'è! Vedi che c'è!”, ma stavolta non si fermò, rallentò appena il ritmo con cui mi saltava sul cazzo, e mi abbracciò col viso rosso dall'imbarazzo.
La mia mano continuava ad accompagnarle il culo sullo palle, sentivo che ci stava eccitando ancora di più quell'uomo, ma fui colto dalla paura che lei potesse inibirsi se avessi ammesso quella presenza, perciò negai ancora: “Cos'hai le allucinazioni? Vedi che non c'è nessuno?!”. Quell'uomo era rientrato di nuovo e per sempre.
Passarono pochi attimi prima che venissimo entrambi copiosamente, l'uno sul corpo dell'altro, in una sinfonia di urla, gemiti, spasmi e contrazioni che ci regalarono il primo grande piacere della nostra storia.
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