Desideri repressi – 2

Trascorsero 20 giorni e arrivò un messaggio con scritto da ‘Govi’ con la scritta: “Atos”
Ero solo in quel momento e la richiamai.
“Ciao, come va?”
“Bene” mi rispose
“Ti è possibile essere libera per domani pomeriggio?”
“Si, infatti, ti ho chiamato per metterci d’accordo per domani”
“Ok! A che ora?
“per le 15 ti va bene?”
“facciamo per le 15:30, ok?”
“Va bene, ti aspetto allora, a domani, devo chiudere, ciao! Un bacio”
“Ciao un bacione!”
“Ah! No, aspetta, posso restare ancora al telefono”
“Allora, ascolta, la faresti una cosa per me per domani?”
“Si, dimmi”
“Vorrei che portassi i soliti bocconcini al latte e che uno lo mettessi dentro dal momento in cui stai partendo da casa, va bene?”
“Va bene, mi piace…ciao, adesso chiudo” finì in sottovoce.

L’indomani, all’ora prefissata, arrivai e vidi da fuori che lei era già in casa. Suonai il citofono e si aprì il cancello automatico così entrai con l’auto. Lei però non c’era sulla soglia della porta di ingresso che era aperta. Così entrai e la chiamai. Mi rispose che era nella stanza da letto dell’altra volta. Mi avvicinai a quella porta socchiusa ed entrai. La trovai nuda con le gambe aperte, distesa, e lei che si torceva con il medio e l’anulare con delicatezza il clitoride.

Con la sua voce dolce e roca, mi disse: “Sono quindici minuti che aspetto di darti il panino caldo…” Così con quelle due dita uscì dalla sua spaccatura boscosa quel bocconcino caldo e umido.
“Tieni, avvicinati, puoi mangiarlo… è pronto per te”
Lo mangiai gustandolo con delizia.
Mentre lo mangiavo, lei si affrettò a ad aprirmi la patta dei pantaloni e a far uscire il mio pene drizzato che si sistemò dentro la sua bocca assaporandolo a lungo con la lingua.

Guardavo le sue gambe polpose e mi venne il desiderio di baciarle. Così, le dissi: “aspetta…”
E ritirai l’uccello e discesi il viso sulle sue cosce che baciai avidamente, fino a risalire alla sua fighetta bagnata che frullava con la mia lingua.
“Perché non ti spogli?”, mi chiese mugulando in un impeto di estremo piacere.
Non mi feci attendere e mi tolsi tutto in pochi secondi. E mi tuffai sul suo seno vaporoso a mangiucchiarlo, ritornai sul suo bosco fiorito, mangiandolo e succhiandolo.

Quindi, mi distesi accanto a lei e l’abbracciai a me per tutto il suo corpo, baciandola sulle guance, sulla bocca e stringendola forte.
Poi con voce tremula, mi chiese: “Mi vuoi entrare?”
Le presi la sua mano destra e le baciai il dorso. Mi eccitava tutto di lei. Lei mi guardava esitante aspettando la mia risposta.
Mi alzai dal letto e le presi la mano: “Vieni!”
Si alzò senza capire cosa volessi fare.

La portai in un’altra stanza e mi avvicinai insieme a lei ad una finestra con le tendine che lasciavano entrare la luce pomeridiana primaverile.
Le feci poggiare le spalle su una parete accanto, poi le alzai le gambe accovacciandole dietro sul mio sedere ed entrai nella sua passera calda e umida. Ebbe un sussulto. Il suo viso si mutò in pallore d’improvviso. Si lasciò andare del tutto stringendo con le gambe il mio di-dietro.

“Vienimi dentro!” sussultò
A quel punto, la presi tutta e la portai sul tavolo vicino, uscii dalla sua passera infuocata e la distesi sul tavolo, le allargai le gambe e gliela succhiai così tanto da farle raggiungere più volte un piacere inesplicabile. Quando capii che poteva essere un po’ più sazia, la lasciai con le gambe aperte e andai a prendere un bicchierino di vetro da una credenza. Era così umida che potei far gocciolare il suo liquido dentro il bicchiere che sfregavo tra quelle labbra e il clitoride.

Lei impazziva di piacere.
Poi, ansimando: “Non vuoi venire anche tu?”
Nel frattempo, iniziai bere il suo succo. Lei, nel sogno di quanto stava accadendo, mi chiede: “Cosa stai bevendo?”
“Il tuo succo” risposi. Fece un sorriso di gioia. Allora, discese a terra e mi disse: “Non mi’importa se non mi entri, entrami da dietro se vuoi e vienimi dentro…dopo berrò io il tuo succo”
La feci scendere dal tavolo, la girai e le entrai nel buco posteriore il mio pene.

Non feci in tempo ad entrare che la inondai all’interno. Restai, assaporando quel momento. Quando capì che avevo esaurito la mia esplosione di piacere, mi chiese di avvicinarmi, insieme a lei, avvinghiata a me, alla credenza. Lei ne uscì un piatto. Poi si scostò da me e si accovacciò a terra mettendo a terra, in direzione del suo buco, quel piatto stesso. Fece scendere tutto il mio liquido che scivolava da dentro di lei.

Mi chiese, dopo qualche minuto, di guardare, da sotto, se ne usciva ancora. Quando la mia risposta fu negativa, si alzò prendendo il piatto e lo posò sul tavolo. Quindi, mi chiese di sedermi, prese un cucchiaio e si sedette sulle mia gambe e si gustò quella piccola bevanda fresca mentre mi guardava compiaciuta.
“E’ buono” mi disse “Mi piacerebbe mangiarne un po’ ogni giorno a colazione”
Capimmo che si era fatto tardi, ci rivestimmo e tornammo nelle rispettive case.

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