Una sega in macchina.
rilasciato 29.04.2015 in categoria sesso raccontoE’ mattina presto, prendo la moto che sono già in ritardo, vado verso nord. Non ho ne tempo ne voglia di capire come arrivare, mi hai detto che ci vediamo tra non meno di un’ora, potrei prendermela con tutta calma, e invece ho già l’ansia di non arrivare, nelle orecchie mi ritrovo a farmi compagnia la tua vocina suadente, ieri sera ci siamo visti per la prima volta, piuttosto emozionati entrambi direi, sorpresi di questo faccia a faccia a distanza, dopo qualche sessioni di chat su xhamster.
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Arrivo al parco che sono le dieci, parcheggio, metto via il casco, ho mezz’ora almeno d’anticipo sull’appuntamento. Niente male per un vecchio sporcaccione tutta questa premura. Forse dovrei essere più freddo e distaccato, in fondo non è altro che la concretizzazione di tante fantasie scritte di là, provaci mi sono detto, al limite è un altro segaiolo depravato.
Ho cercato di rubarti un attimo d’attenzione, c’ho provato una prima volta, ti ho ricontattato più tardi, tampinata per un po’ ricevendo monosillabi come risposta, non potevo sapere chi eri, per un po’ questo gioco è andato avanti nell’indifferenza sostanziale di parole volgari e situazioni eccitanti, finchè non hai infranto questo tabù custodito con tanta ostinazione, hai deciso tu, la foto con il mio nome mi ha fatto letteralmente cadere dal divano, già che ero in una situazione instabile di mio, la tastiera lontana, la mano ha premere la patta cercando di non accelerare oltre l’indispensabile.
E’ iniziato così, ci siamo masturbati a distanza più volte quel primo giorno per essere così in imbarazzo adesso.
Mi siedo al tavolino del bar, è all’aperto, mi faccio una sigaretta, le mani mi fanno male anche oggi. Caffè per favore, la tipa del bar ha premura, anche lei. L’appuntamento in un luogo all’aperto, pubblico, è stata una mia idea, non si sa mai mi hai confermato tu. Condivido.
Ti siedi a distanza da me, vedo che hai scelto il tavolino più appartato, ai miei occhi sei molto bella, più di quello che ricordavo, capelli neri, lunghi, dritti, lisci, vesti in modo elegante, hai messo la gonna come d’accordo.
Il gioco adesso dovrebbe cominciare, non so bene come procedere, intanto non ti tolgo gli occhi di dosso, hai in mano il cellulare e sembri molto impegnata, un po’ mi preoccupo, scorri le dita su quell’affare con interesse e non mi degni nemmeno di uno sguardo, panico… e se non sei tu? Se quel bel fighino lì è una tipa che aspetta chissà chi o cosa… cazzarola che rottura ‘sto giochino che abbiamo architettato: due sconosciuti al tavolino di un bar all’aperto che si eccitano in un gioco di sguardi, movimenti, intenzioni.
Senza mai avvicinarsi, parlarsi, toccarsi. Mi sembra di leggere un sorriso in quegli occhi da gatta velenosa ma continui a non guardarmi, a far finta di non vedermi. Spero. Voglio sperare.
Passano i minuti e sei sempre più indifferente, sospetto di aver preso un abbaglio, fai un movimento con le gambe e per un istante immagino tu stia aprendoti a me, è un movimento impercettibile ma non ho altro a cui aggrapparmi, mi guardo attorno e non c’è molta gente qua, delle spose più in là giocano con dei bambinetti, qualche cane al guinzaglio, vecchi a passeggio.
E’ passata già una bella mezz’ora qui senza che succedesse nulla, devo trovare un escamotage per rompere questo equilibrio senza senso, mi alzo, vado in bagno, mentre mi asciugo sento qualcuno che vuole entrare, una prima volta, una seconda la maniglia scende e risale, un tuffo al cuore mentre butto l’asciugamani e faccio s**ttare la serratura, apro un poco la porta evitando di sbatterla sul muso di chi è lì fuori. Non sei tu, peccato.
Torno al tavolino, ancora più ansioso di iniziare a giocare con te, la gonna è un feticcio non indifferente nella fantasia che abbiamo costruito insieme, potrai sollevarla un pochino facendomi ammirare le lunghe gambe, porti le calze con il reggicalze mi hai detto, vorrei indovinarlo, ai piedi indossi scarpe nere lucide, tacco sì ma non altissimo. Anche la camicia leggera con maniche larghe, a lasciare libero quel reggiseno che ti scolpisce un decoltè irresistibile.
Aprila quel tanto che basta a farmi immaginare il disegno del pizzo sulla tua pelle.
Torno al parcheggio deluso e incazzato nero, al bar non c’eri più, te ne sei andata così, senza un cenno, nulla. Non erano questi i piani, avevamo detto che potevamo fidarci l’uno dell’altra, sapendo di non avere nulla da temere in un luogo come questo. Faccio manovra ma non riesco ad uscire, già è pesante di suo muoversi all’indietro con la moto,… e sto cazzo di macchinone di merda qui a fianco doveva lasciarmi più spazio,… mi ritrovo a bestemmiare cercando una via d’uscita, a piedi giro intorno alla macchina e vado dall’altra parte, forse di là c’è uno spiraglio, torno indietro con l’intenzione finalmente d’andarmene.
Giornata storta, va beh…
Mentre sono girato dal suv mi sorprende una grassa risata, sei tu, dio ti abbia in gloria…, dal finestrino, bellissima, ridi fieramente guardandomi così trafelato, apri lo sportello e fai cenno di salire, scarico la tensione ancora moccolando… ma in fin dei conti sono contento, hai scelto un bel modo per rompere lo stupido gioco.
In macchina parliamo di niente, ci facciamo i complimenti di rito, ammiro le tue gambe fasciate dalla gonna, nulla di più.
Ora che siamo così vicini non s**tta nessuna scintilla, nulla dell’eccitazione che accompagnava le parole appassionate di solo poche ore prima. La conversazione prosegue piacevolmente, convenevoli per lo più, sono ormai convinto che sia davvero un gioco, in fin dei conti pure assai innocente.
Sto pensando tra me e me a quali parole trovare nel momento dei saluti, quando all’improvviso mi sorprendi di nuovo, ti guardo stupito mentre alzi volutamente lo sguardo oltre il parabrezza, accenni alle persone lì fuori e ti alzi la gonna svelandomi i laccetti del reggicalze, io non parlo, lascio la tua voce procedere senza più ascoltarla, ormai hai fatto salire la gonna fino al limite delle cosce, nei miei pantaloni cresce già l’eccitazione, è ora più che evidente.
Immobile lascio che le tue mani mi slaccino i pantaloni, siamo in un parcheggio assai trafficato in realtà e la situazione potrebbe sfuggirci di mano da un momento all’altro, a stento mi impongo di non reagire, vorrei accarezzarti, baciarti, far scivolare le mani oltre il bordo del tuo slip, sfiorarti le labbra, immagino il calore del tuo sesso, vorrei infilarmi sotto il volante aprendoti con delicatezza per immergermi nel tuo umore…
Vorrei ma non lo faccio, tu hai preso l’iniziativa rompendo i patti, ora tocca a te portarlo avanti, mi accarezzi il cazzo con decisione, lo stringi forte muovendolo lentamente, quasi mi fai male ma ti lascio fare, è una sega lenta, protratta a lungo, all’inizio, ogni tanto, mi bagno le dita con la saliva per lubrificarmi la cappella e tu non accenni a fermarti, sai che mi fai godere, lo decidi tu il momento, la tua voce è quasi sussurro oramai, con l’altra mano ti guardo accarezzarti dolcemente il seno, è un movimento leggerissimo il tuo, io avrei strizzato mentre tu mi mostri una delicatezza per certi versi a me sconosciuta.
La tua mano a ben vedere sa cosa deve fare, i movimenti si sono fatti più decisi, intensifichi il movimento a salire, scendi stringendo forte, hai percepito crescere il mio respiro, muovi la mano su è giù più velocemente tenendo il ritmo della mia eccitazione.
Movimenti involontari mi inarcano la schiena, sul sedile mi contraggo, mi allungo puntando forte con le gambe, la tua mano è ora inondata dal mio godere, schizzo forte, a lungo, tu non accenni a diminuire l’intensità del tuo procedere, penso di aver mugolato di piacere ma non ne ho piena consapevolezza, la tua voce mi ha accompagnato nel lungo momento dell’eiaculazione, un attimo ancora, svelto penso a dove siamo, riapro gli occhi e mi tiro su i pantaloni, ho le mutande bagnate ma il luogo e il momento non mi permettono troppe attenzioni.
Tu fai cenno alle salviettine nel portaoggetti, con quelle mentre ti asciughi la mano, mi sorridi felice. Sei bellissima, davvero, bellissima sega in macchina.
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