GRAN BEL PASTICCIO -p7-
rilasciato 19.05.2012 in categoria sesso raccontoAlla faccia del pub.
L'interno a parte l'ingresso il guardaroba e la prima sala di accoglienza, il resto era completamente cambiato. La maggior parte del locale, diventato tre volte quello che ricordavo, era scavato nella roccia del promontorio e l'originalità del locale si mescolava alla rupestre sensazione di trovarsi in un ambiente arcaico, primitivo. La forte umidità dell'ambiente era mitigata da camini naturali che sboccavano decine di metri più su oltre le rocce.
Attraversammo due grandi sale dove la gente era intenta a ballare e bere cocktail dai colori sgargianti. Nel tragitto recuperammo altre due persone, probabilmente i due che erano andati a cercare me per le vie del borgo.
Un breve corridoio ci introdusse in un ufficio dove due ragazze erano intente ad osservare qualcosa al di la dello schienale di una poltrona presidenziale.
– Bambino… li abbiamo trovati, sono qui. –
– Bravi.
Chiamate Sergio, lo voglio qui immediatamente. – Una voce gracchiante bassa e rauca di chi ha fumato troppe sigarette.
– Fatima ha telefonato che si sta riprendendo ma è ancora confuso. Fino a poco fa era ancora privo di conoscenza. – Una spontanea risata mi usci sonora e non riuscii a controllarmi. Ciò fece indispettire il tizio al mio fianco che puntualmente mi appioppò una gomitata allo stomaco che mi fece tossire l'anima.
Contemporaneamente “bambino” girò la poltrona per vedere chi osava prendersi gioco dei suoi uomini. Goffo e pelato, una calvizie irregolare di quelle a chiazze gli conferivano un aspetto quasi comico. Dentro quella poltrona, che lo conteneva appena, sembrava un bambolotto in dimensioni reali.
Si alzò e potei vedere che non era più alto di un 1 metro e 60 centimetri, sicuramente oltre i 100Kg di peso e una rigidità di movimento da farlo assomigliare ad un pinguino.
Dentro quel vestito bianco con camicia porpora scura, mi fece tornare alla mente Boss Hogg del telefilm Hazzard. Trattenni una risata.
– Ma bene, eccolo qua, il nostro eroe. – In quello stesso istante era entrato Sergio, accompagnato dai due con i quali era uscito a parlare, prima al bar.
– Dai spiegaci un poco cosa pensavi di fare… credevi che te la potesse dare solo perché sei grande e grosso… o forse perché puzzi come un bastimento di pesce andato a male!- Bambino era veramente infuriato.
– tutto sto casino per una scopata?! Avevi intenzione di attirare tutta la polizia di G. qui da noi?! Dai spiegaci… COGLIONE!!!-
– Capo scusa ma… sono stato provocato. – Sergio tentò di trovare una via d’uscita a quella brutta faccenda. – stavo difendendo Fatima… il tipo qui la importunava e…-
– Hahaha… ma fammi il piacere. Ma con un pezzo di figa al suo fianco tu mi vieni a dire che… faceva il filo a quel rospo di tua sorella? Hahaha.
–
– Comunque. Il danno è fatto. – Bambino si fermò e guardando il soffitto elaborò un modo per uscirne. – Vediamo… quanto può costare il disagio che vi abbiamo procurato. Un milione? Facciamo un milione di lire a testa e non se ne parla più. Anzi aggiungiamo una settimana di vacanza ospiti sul mio barchino. – e si girò verso la vetrata ricavata nella roccia per osservare un panfilo ormeggiato nella baia sottostante.
Nella stanza cadde un silenzio assoluto rotto solo dalle risate e dalla musica che arrivava dai locali attigui.
Ero già pronto per accettare le scuse e i quattrini, ma …
– Col cazzo brutto nano di merda. – questo fu l’esordio di Giulia. – Se pensi di liquidarmi con quattro soldi e delle scuse hai capito male. Il tuo energumeno voleva violentarmi e se hai così fretta di liquidarci è solo perché hai paura che la polizia possa fare troppe domande. –
Silenzio. Le parole di Giulia erano state proprio inopportune. Bambino si lasciò cadere dentro la poltrona e rivolto alla grande vetrata rimase a pensare per degli interminabili istanti.
– Bene. Credo che allora… non accetterete la mia generosa offerta? Non era nelle mie intenzioni ma… neppure tu Fabio? Sei dello stesso parere della tua ragazza?- Come poteva sapere il mio nome? Già, dimenticavo questi sapevano tutto di noi. Portafogli, documenti e cellulare, nonché chiavi della macchina erano in mano loro.
– Beh… forse… sa potremmo anche…-
– Mandarla a fare in culo!- Altro danno di Giulia. – ma cosa crede sappiamo che non ci lascerà comunque andare…
– Vedi troppi films, piccola.
Ora mi hai proprio stancato. Vuoi veramente che si svolga la trama di un film. Ti posso accontentare… ma sappi che a me piacciono i gialli e gli horror a sfondo erotico. Troietta che non sei altro. E va bene! Farim portali nel privèe. Sai quello che devi fare. – La decisione fu risoluta e perentoria. La pelle mi si accapponò e negli occhi di Giulia vidi ancora una volta la paura di essere stata troppo impulsiva e la voglia di poter tornare sui propri passi e chiedere scusa.
Ma non lo fece.
– Voi due- rivolto alle ragazze nell’ufficio – preparate l’intruglio e raggiungeteli nel privèe tra poco ci divertiamo. Hahaha. – Questa volta in Bambino sentii un ghigno diverso, sadico e curioso.
Uscimmo e ci dirigemmo verso lo specchio che chiudeva il corridoio. Sergio pigiò un pulsante posto sotto ad una piccola angoliera retrò e lo specchio cominciò a ruotare su di un perno centrale dividendo il passaggio in due perfette metà.
Appena entrato una soffusa luce illuminò il suo cammino e ci ordinò di seguirlo. Sergio ci guidava, poi Giulia e Farim lo seguivano a pochi passi, le due ragazze mi precedevano e non potei non notare lo splendido culetto che faceva capolino dagli short attillati che indossavano. Dietro me altri due uomini chiudevano il “corteo”.
Le due ragazze entrarono in un piccolo locale appena dietro lo specchio, nascosto solo da una tenda nera, il corridoio sembrava essere leggermente in discesa e facemmo circa 30 passi, le pareti nere e la fioca luce dava una sensazione di oppressione e mi impediva, assieme al timore di ciò che ci aspettava, di respirare normalmente.
Il corridoio sfociava in una grotta completamente scavata nella roccia, nessun mobile, nessun divano, ne sedie, l’unica cosa artificiale erano le luci a forma di lanterne appese qua e la e infiniti tappeti, arazzi, e cuscini sparsi a terra e sopra sedute ricavate nella roccia. Al centro delle grotta un ampio avvallamento conteneva dell’acqua che, gocciolante dalla parete superiore a mo di doccia naturale, creava una dolce e ritmica melodia. Più in la, verso una conca naturale, vi era una roccia levigata e con la superficie stondata, come fosse un altare.
Ci volle poca immaginazione per capire a cosa potesse servire un ambiente del genere.
La forte umidità rendeva la mia respirazione ancor più affannosa e la pesantezza dell’aria mi ingolfava i polmoni a tal punto da darmi la sensazione di dover tossire.
Sergio disse ai due di portare Giulia all’altare e di legarla. Alla base dello stesso, negli angoli, vi erano quattro ganci ai quali i due legarono delle cime da barca e successivamente i polsi e le caviglie di Giulia.
Si ritrovò, così, con la schiena leggermente inarcata e braccia e gambe divaricate. Passarono pochi istanti e le due ragazze assieme a Bambino fecero la loro comparsa. Io, immobilizzato a terra da uno degli energumeni, potevo osservare inerme.
Bambino si avvicinò all’altare e prese a slacciare i bottoni che, frontalmente, cingevano il petto e i fianchi di Giulia. La posizione, faceva in modo che ad ogni bottone slacciato, il corpo di Giulia si mostrasse un po’ di più allo sguardo famelico dei presenti.
Il respiro affannoso e ritmico spingeva via i lembi di quel vestito mostrando un seno e il rossore vivace di un capezzolo turgido ed invitante. Il suono dolce del tintinnio dell’acqua strideva con la situazione, ma creava un accompagnamento naturale alla statuarietà del corpo di Giulia che ora mostrava un ventre piatto e marmoreo quasi fosse scolpito nella stessa roccia su cui poggiava.
Bambino si fece passare una forbice e con le lame si creò un varco proprio al centro della gonnellina che componeva il vestito Bianco di Giulia, creando uno spacco e liberandosi la strada per raggiungere il fiore nascosto dietro quel sottile lembo di pizzo bianco.
Con le medesime forbici tagliò i lacci laterali del tanga e scostando il sottile cavallo delle mutandine lo tagliò orizzontalmente, liberando alla vista dei presenti una vulva rasata con labbra prominenti e carnose. Subito, Bambino, fu tentato e passò due dita fra quelle labbra portandosele poi alla bocca ed assaporando gli umori che profusamente già inperlinavano quel fiore.
– Il dolce sapore della paura. Uhmm che delizioso nettare esce da questa spaccatura nella roccia viva.
– Bambino era estasiato e subito tuffò il suo paffuto faccione fra le gambe di Giulia che protestando non potè fare a meno di abbandonarsi ad un gemito liberatorio.
– Brutto bastardo aaahmmm, togli subito quella faccia da cazzo dalla mia fica. Non sei degno neppure di accogliere la mia merda. Vaffanculo. Togliti. Aaahmm. – Ma la lingua di bambino già si era insinuata fra quelle labbra e frugando curiosa fece inarcare ancor più la schiena di Giulia che, nonostante le rimostranze verbali, sembrava lottare col suo corpo che involontariamente mostrava tutta la sua eccitazione.
Pochi attimi, nei quali potevo vedere limpidamente quella ampia lingua affondare fra i petali schiusi di quel fiore per poi risalire verso la clitoride, per sentire, con una contrazione spasmodica, un violento orgasmo che riempi di umori il viso attonito di Bambino.
– Fantastico, che donna… ancora. – e si rituffò grondante di lattiginoso nettare fra quelle gambe nella speme di poterne assaporare nuovamente la dolcezza.
Ma la sua speranza fu disattesa perché Giulia, aveva si goduto col corpo, ma la sua mente serbava rancore e inondò il viso, la bocca e la gola con un getto d’orato e caldo.
Tossendo e sputando Bambino si rialzò.
– Brutta troia ora mi hai proprio stancato. Silvia portami la siringa. Tu Barbara prepara quel coglione del suo moroso. Adesso vediamo se continuerai a ridere o se chiederai pietà. – Rivolgendosi a me per l’irriverenza di prima.
Raccolse da un vassoio d’argento una siringa e ordinando a Sergio e a Farim di bloccare i fianchi di Giulia pizzicò in più punti la vulva iniettando ogni volta parte del liquido contenuto nel barilotto.
Giulia tentava di dimenarsi e di sottrarsi a quella pratica, piangendo, ora, chiedeva di fermarsi ma l’oblio in cui era caduto Bambino era inarrestabile. Mentre sentiva un calore intenso diffondersi nelle labbra e nella vagina, Bambino iniettò il resto del fluido nella vena del braccio destro di Giulia. Tolse la siringa che ripose sul vassoio e dal foro nel braccio, arcuato verso il basso, di Giulia cominciò a sgorgare, goccia a goccia, del liquido rosso acceso: sangue.
Nel frattempo Barbara si era avvicinata a me che, ora in piedi ma trattenuto da una corda che legava i polsi, dietro la schiena, al mio collo, cominciò a carezzarmi il cavallo dei pantaloni con la sinistra e con la destra cercava di slacciare i bottoni dei miei levis strass.
I pantaloni caddero alle ginocchia e con le mani mi divaricò leggermente le gambe. Mi abbassò gli slip e il mio sesso si mostrò in tutta la sua irruente vivacità.
Nonostante la paura, la mia eccitazione tradiva il piacere che la vista di quelle scene mi procuravano e barbara poté godere della visione di un pene di meritevoli dimensioni già in semi erezione. Così inginocchiata di fronte al mio membro prese a manipolarlo, carezzandomi lo scroto e scostando la pelle dal glande che, già gonfio, regalò la prima gocciolina di nettare. Mielosa, si posò sul polso di Barbara.
Avida, portò la mano alla bocca e leccò i miei umori, assaporando, deliziata, la salinità del mio seme.
Silvia si avvicinò e sul vassoio vidi una seconda siringa, più piccola ma non per questo meno inquietante e supplicai di non farlo.
– Nooo ti prego Barbara nooo… non lo fare per favore. –
– Ma certo amore non preoccuparti, non lo farò. Sarà Silvia a sforacchiarti. Ahahaha. – Con una sottile perfidia già pregustava il dolore che provavo.
Silvia con abilità fece uscire l’aria dalla siringa e afferratomi il pene introdusse l’ago, fino alla metà, alla base del tronco e iniettò lentamente metà del liquido denso.
Lo sentivo fluire assieme al sangue dentro le cavità cavernose, la sua freddezza fu, dopo alcuni attimi, sostituita da un tepore crescente. Sentii un’altra puntura forse sullo scroto ma non ne ero sicuro, il calore sprigionatosi nel mio membro mi ammaliava e il mio pensiero, oltre al mio sguardo, si posò sul sesso gonfio e roseo di Giulia procurandomi vampate di calore e incontrollate sensazioni di piacere.
– Non temere…- disse Barbara. – Non sarà questa puntura ad ucciderti.
Hahaha. –
La crudezza di quella voce mi freddò.
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