Le lesbiche ci sanno fare
rilasciato 20.02.2023 in categoria sesso raccontoNonostante nell'atrio della facoltà di Lettere ci sia confusione, Alice riesce subito a individuare Lisa. La raggiunge, le sorride, la bacia sulle guance, e insieme a lei sale le scale che portano alle aule del primo piano. “L'una accanto all'altra siamo sublimi” pensa, consapevole degli occhi eccitati che le circondano. Sembra che nessuno studente, assistente o professore sappia decidersi ad ammirare solo uno dei loro corpi. Troppa è la bellezza: i seni da ragazzina di Alice e quelli più appariscenti di Lisa; le cosce pallide sotto il kilt, il caschetto nerissimo e il viso malizioso di una e le gambe fasciate dalla gonna lunga, i boccoli biondi e l'algida innocenza dell'altra.
Alice pensa che avvertire tanto desiderio intorno a loro sia divertente. E che lo sia ancor di più notare la vergogna che Lisa non può mascherare. “Questa sera ci vediamo, vero?” domanda come per distrarre l'amica dagli sguardi insistenti. “Vieni da me, così studiamo oppure guardiamo un film. Magari puoi anche fermarti a dormire. “Lisa annuisce, comunque imbarazzata, fissando il pavimento. “Sì, possiamo studiare un po'. “Entrano nell'aula dove ha appena avuto inizio una lezione di Letteratura Italiana.
Alice abbassa la voce “L'hai già detto ai tuoi?””No. Questo fine settimana sono fuori città. Ed è meglio che non lo sappiano. Potrebbero pensare che mi veda con un ragazzo. “Raggiungono due posti liberi in seconda fila. Mentre si siedono, Alice guarda Lisa accavallare le gambe. Di colpo, una volta ancora, si sente invasa dal desiderio di plasmarla, di scegliere per lei abiti e scarpe, pettinatura e trucco, e poter così sextenare tutta la bellezza di cui non sembra consapevole, o che deliberatamente tenta di nascondere.
Non riesce a non sorridere al pensiero di Lisa che, inerte come una bambola, si lascia vestire e truccare. Se solo l'amica non fosse chiusa in una fortezza di sensi di colpa e di infinite morali, perduta tra le troppe parole vuote dei soli discorsi che sembra conoscere: la famiglia, la parrocchia e Gesù Cristo. Tutte catene che stringono la sua vera bellezza e, pur non deturpandola ancora, un giorno produrranno piaghe putride e cicatrici.
Il professore sembra perdere il filo del discorso, poi riprende a parlare di Manzoni e di altre assurdità. Alice apre la cerniera della borsa e cerca il cellulare. Scrive un messaggio a Samuele: “più tardi passo da te. Dobbiamo parlare. Ho bisogno d'aiuto. ” Il professore la guarda un momento, perde di nuovo il filo, si mette a tossire e si pulisce la bocca col fazzoletto. Anche Lisa si volta. Nei suoi occhi, Alice legge un'ombra di sospetto, di incertezza.
È come se avesse intuito qualcosa di ciò che ha architettato per lei. *”No e poi no” Samuele scuote il capo. Non si muove dalla soglia di casa. “Almeno lasciami spiegare, cuginetto. ” Alice gli offre un sorriso il più accattivante possibile. Lui sbuffa. Fa un passo indietro, e subito la ragazza ne approfitta per entrare. Samuele chiude la porta e continua a protestare a mezza voce. Gli avvolgibili sono abbassati, e la poca luce che filtra getta ombre sbiadite su sfondi di ombre ben più dense.
Alle pareti ci sono disegni lascivi di Felicien Rops e von Byros, e mensole con oggetti che le semitenebre fanno apparire ancora più bizzarri: minuscole ballerine di cera, piccolo falli d'avorio, antiche bottiglie di profumo, un carillon con ninfe e satiri, una scarpa appartenuta (forse) a Betty Page. Samuele percorre il corridoio, zoppicando leggermente, seguito da Alice. Entra nello studio, e va a sedersi su una poltrona grande e screpolata. “Vuoi ascoltarmi, cuginetto?” domanda lei.
“In realtà no. ” Samuele tiene il capo inclinato, e le mani pallide, con lunghe dita magre, poggiate mollemente oltre i braccioli. “Ma sembra che non abbia altra scelta. “Alice avanza quasi a tentoni. “Perché te ne stai sempre al buio?” gli domanda. “A me verrebbe il mal di testa. “Samuele finge di ridere. “Per quello basta un'aspirina. “Alice accende uno dei faretti al tungsteno, che risale all'epoca in cui Samuele si guadagnava da vivere con la fotografia.
Lui stringe le palpebre, abbagliato dalla luce che illumina a giorno la stanza. “Dimmi quello che devi dirmi” grugnisce insistendo a tenere gli occhi chiusi. “E in fretta, senza giri di parole””Però tu devi guardarmi” fa Alice. È decisa a sfruttare tutto l'ascendente che sa di esercitare su di lui. Si avvicina alla poltrona e lì rimane, ritta in piedi, sorridendo. Samuele ubbidisce, ma torna subito ad abbassare le palpebre. “Ecco. T'ho guardata. Adesso parla.
” Invece di farlo, Alice si avvicina ancora di più e appoggia una mano sulla sua. Samuele si ritrae, con un gemito, come se la pelle di lei bruciasse. Spalanca gli occhi e urla: “che cazzo fai?! Non devi toccarmi!””Hai sentito, cuginetto? L'hai vista?”Samuele scuote il capo. Chiude a pugno, lentamente, la mano toccata da Alice. Serra i denti e respira pesantemente dal naso. “Sì, merda! Ho visto qualcosa…””E ti è subito venuto duro?”Samuele fissa Alice e i suoi abiti, soprattutto le scarpe basse, da bambina alla prima comunione, che s'accordano scandalosamente bene alle calze a rete.
“Maledizione a te, Alice” mormora. “Sì. “Lei compie un inchino, sorridendo soddisfatta. Poi lo guarda sottecchi e tira fuori la lingua, un po' per fargli le beffe, un po' per eccitarlo. Fa un giro su se stessa, velocemente, alzando il kilt quel tanto da mostrare che le calze a rete sono autoreggenti. “Hey, non trattarmi male. Voglio solo chiederti un piccolo favore. “”Favore? Tu sei pericolosa. E io ho soltanto voglia di starmene al buio, tranquillo.
“”Davvero?” Alice si solleva del tutto la gonna. Sotto indossa un triangolino di pizzo nero che lascia intravedere il pube rasato. “Però ti è venuto duro…”Samuele sembra respirare a fatica. Si massaggia per un momento le tempie. Quando torna a guardare Alice, i suoi occhi scintillano. Le narici sono dilatate. La voce gli striscia rauca fuori dalla gola. “D'accordo, furbetta. ” Si alza di shitto e la trae a sé. Le fa scorrere le mani sul viso, sul collo, sui seni piccoli e sodi.
Scende a toccarle i fianchi sotto la maglietta, e nel momento in cui stringe la presa, Alice avverte una sensazione simile a quando lui la penetra senza che sia abbastanza lubrificata: una sorta di bruciore non del tutto spiacevole, un'aggressione che la scalda, la fa aprire, la rende più presente in se stessa. “Desideri un'amante. Una ragazza bellissima” dice Samuele. Le sfila del tutto la maglietta, la fa voltare e le slaccia il reggiseno.
Con la punta della lingua le sfiora il collo, poi si abbassa seguendo la colonna vertebrale. Alice avverte un brivido, un solleticante piacere, e ancora la sensazione che Samuele si stia muovendo dentro di lei. “Una ragazza bionda, con lunghe gambe che vorresti assaggiare come io sto assaggiando te” aggiunge. Poi le mette una mano sugli occhi, mentre con l'altra le sfiora il seno, stuzzicandole i capezzoli eretti con lievi pizzicotti e sussurrandole all'orecchio: “vorresti che ti toccasse così, e vorresti toccarla così anche tu.
Non desideri altro. ” S'inginocchia e le sfila la gonna e le mutandine. “La stai pensando con le scarpe che sogni di farle calzare. I tuoi stivali nuovi, quelli di vernice nera, col tacco altissimo e le borchie. ” La bacia sull'ombelico e afferra il piercing con gl'incisivi. Alice sente qualcosa sciogliersi nel ventre, e capisce di essersi bagnata. “Vorresti sfiorare col tuo seno le sue gambe, appoggiarle la guancia sulle natiche. ” Samuele la lecca sul monte di venere, e più giù, sulla pelle depilata e liscia.
“La vorresti carponi, davanti a te, per succhiarle la fica. Per sentirne tutto il sapore dolciastro. ” Fa ruotare la punta della lingua intorno al clitoride e Alice gode immediatamente. Per un istante, lei non vede Samuele, bensì Lisa. Bellissima, nuda, genuflessa al suo cospetto, impegnata a passarle la lingua nel solco della fica gonfia. Poi riapre gli occhi, e l'illusione svanisce. Samuele si è rialzato e la sta guardando, serio. “Lascia perdere, Alice.
La bionda dalle lunghe cosce non può essere liberata. Abbandonala alle sue messe e alle cure del suo Jehova. Che se ne resti incatenata com'è. “”Perché?” domanda Alice, ansimando un poco. “Perché sono le sue catene a tenerla insieme. Liberala, e la vedrai cadere a pezzi. Sai cosa intendo dire. Lo sai benissimo. “”Io voglio soltanto sapere se lei desidera le stesse cose che desidero io. ” “No, non le desidera. Vuole laurearsi, sposare un bravo cattolico e farequalche bambino.
“Alice scuote il capo. “Come puoi saperlo? Non l'hai ancora toccata. ” Samuele spegne il faretto al tungsteno, quindi torna a stravaccarsi in poltrona. “Avanti” insiste Alice, rivestendosi. “Non dirmi che non sei eccitato. L'hai appena conosciuta attraverso i miei occhi e i miei sogni. E se tu mi aiutassi a liberarla, chissà… Non vorresti starci a guardare? Riprenderci con la videocamera? O magari godere con noi?”Samuele, invece di rispondere, le afferra una mano.
Alice lo guarda un istante, sorpresa. Poi, senza che neppure chiuda gli occhi, riceve un'immagine confusa, mutevole, come un riflusso di liquame nero che le annebbia la vista. Cerca di ritrarre la mano, ma Samuele stringe la presa. L'immagine, adesso, è un buio puro, assoluto, che cancella ciò che i suoi veri occhi vedono e la rende cieca. Quando il buio si squarcia davanti a lei, rivela decine di bocche mostruose che sono ferite di carne e sangue rappreso, con viti e chiodi e lamette al posto dei denti.
Ogni bocca appartiene a un volto deforme, urlante, che dondola appeso a un corpo che pare rivoltato come un guanto. Nell'istante in cui le bocche si avvicinano a lei, Alice riesce finalmente a divincolarsi dalla presa di Samuele. Fa qualche passo indietro e dalle labbra le esce un respiro tremante. “Imparerà anche lei a tenerle lontane. Me l'hai insegnato tu: si possono educare a guardare e basta!”Samuele scuote il capo. “No. Non puoi educare nulla in una persona che sin da piccola le ha infibulate, castrate e prese a calci nel culo.
Non sono cagnolini, Alice. La loro rabbia, una volta liberate, farà a pezzi la tua amica. Dimentica questo capriccio e trova qualcun altro con cui giocare. “”Non è un capriccio” fa Alice alzando la voce. Per un istante si guarda intorno, smarrita. “Non è un capriccio più di quanto lo sia io per te, cuginetto. Io e tutte le tue amanti. “Gli occhi di Samuele si stringono un poco. “Dimentichi, Alice, che quando sei venuta da me, avevi già trovata la tua strada.
Mi è bastato sfiorarti…”Alice scrolla le spalle. Esce dallo studio. Samuele la segue, e rimane a guardarla mentre apre la porta d'ingresso. “Stai attenta, Alice. Non si possono liberare persone tanto represse. Quando lo capirai? Sono come moribondi attaccati a una macchina. Spegni la macchina e loro muoiono. “Alice si volta, annuisce, poi in fretta prende un mazzo di chiavi appeso alla porta. “Saremo qui dopo cena. Dormiremo qui. “”No e poi no! Scordatelo!” fa lui, alzando la voce.
Ma Alice si è già chiusa la porta alle spalle. Dopo la pizza, Alice e Lisa trascorrono la serata passeggiando in centro. Lisa non fa che parlare dei suoi genitori, delle attività della parrocchia, e soprattutto dell'università. Butta una parola dietro l'altra, mostrando chiaramente quanto sia a disagio. Probabilmente ha davvero intuito qualcosa; sente di essere desiderata, e questo la sconvolge. I sensi di colpa giocano a confonderla, urlandole dentro “puttana” e “peccatrice”, e fingendosi la mano di Dio che le indica la strada per l'Inferno.
Alice vorrebbe sfiorarla. Accarezzarla leggermente per rassicurarla e dirle che va tutto bene. Ripensa in fretta alle parole di Samuele. Perché liberare Lisa dalle sue catene dovrebbe essere pericoloso? Come possono tutta la sua bellezza e la sua passione andare sprecate? Vorrebbe che il potere di Samuele le appartenesse, almeno un poco. Allora farebbe da sola: toccherebbe la carne di Lisa, per leggere dentro di lei e poter così realizzare i suoi desideri, quali che siano.
Ma nell'ascoltarla mentre insiste a parlare di università, concitata dall'imbarazzo, Alice si sente scoraggiata. La realtà le preme addosso e le trasmette una vivida frustrazione. È troppo grande la distanza tra i suoi desideri e ciò che il mondo le offre. Quando si fa tardi, si dirigono verso casa. Appena entrate, la prima cosa che Lisa nota sono le stampe che Samuele tiene appese. Nel vederle, sembra spaventarsi. Alice chiude la porta e Lisa si volta verso di lei con lo sguardo di un a****le preso in trappola.
“I tuoi genitori non ci sono?” domanda timidamente. “No, stanno in un'altra casa. Qui vive mio cugino. Io ci studio, e qualche volta ci dormo. ” Alice percorre il corridoio, apre e chiude porte sbirciando in tutte le stanze. Infine annuncia: “non c'è neanche lui, in realtà. Siamo sole. ” Doveva immaginarselo! Non è la prima volta che Samuele le gioca un tiro del genere. Codardo e coglione! E sì che non sopporta di starsene in giro.
Troppo alta la possibilità di toccare per sbaglio i pensieri di qualcuno. Alice fa strada a Lisa sino alla stanza dove dorme. È una cameretta arredata di tutto punto, con un letto a due piazze, una scrivania con penne e dizionari, un grosso armadio pieno di vestiti regalati da Samuele. Lisa si guarda attorno, sempre spaesata, ancora più in trappola. Le sue pupille sono dilatate, il respiro accelerato. Quando Alice apre l'armadio, facendo cadere alcune shitole disposte male, Lisa sobbalza.
Alice finge di non accorgersene. Fa cenno all'amica di sedersi sul letto, poi prende una delle shitole cadute. Dentro c'è un paio di stivali alti sino al ginocchio, neri e lucidi, con dodici centimetri di tacco. Lisa li guarda per un istante, come se non riuscisse a capire cosa sono. “Ti sei mai messa niente del genere?” Lisa scuote il capo. “Vuoi provarli? Che numero hai?” Lisa mormora il trentasette. “Avanti, scommetto che ti stanno benissimo!”Lisa ubbidisce, forse per pura cortesia.
Si alza con gli stivali indosso e si solleva leggermente la gonna provando a muovere qualche passo. Sembra che non abbia mai camminato sui tacchi, tanto è insicura. “Ecco, vedi: sei bellissima!” esclama Alice battendo le mani. “Ma adesso ci vogliono i vestiti adatti”. Si mette a rovistare nell'armadio. Sceglie una gonna molto corta, di velluto nero. Poi un corpetto, di quelli all'antica, con i lacci dietro. “Prova questi. “”No, per favore” si schermisce Lisa, arrossendo.
“Non vergognarti. Io aspetto fuori, tanto devo fare pipì. ” Alice esce dalla propria stanza, e chiude la porta. Fa qualche passo, entra in bagno, si ferma davanti allo specchio. Non riesce a controllare la tempesta che avverte dentro di sé e la fa bagnare. Si alza la gonna e si infila le dita nelle mutandine, il pensiero sempre ossessivamente rivolto a Lisa. Un tocco soltanto e la sensazione di dover fare pipì si trasforma in un orgasmo intenso, che le brucia dentro ma non la soddisfa.
Alla fine è ancora più bramosa delle carezze dell'amica. Delle sue dita e della sua lingua dentro la propria carne. Aspetta qualche minuto, poi torna da lei. Vederla con indosso i vestiti che le ha dato, le toglie il fiato. Prende le mani di Lisa, la fa ruotare su se stessa. Si sente trionfante, e adesso è lei a non sapere cosa guardare dell'amica: le gambe lunghe, il seno stretto nel corpetto, le lentiggini nella scollatura pallida.
“E ora lascia che ti trucchi, per favore!”La fa sedere alla scrivania, da cui sgombra penne e dizionari. Apre un cassetto e ne trae un assortimento di cosmetici. Prima le mette l'ombretto nero, poi il mascara, poi un rossetto rosso color rubino; piccoli gesti precisi, a cui segue un lungo momento di contemplazione. “Posso farti qualche fotografia?” le domanda alla fine. “Sei così attraente…”Lisa, a quelle parole, sembra attraversata da un brivido. “Non mi sembra il caso” mormora.
E intanto scuote il capo. Tutto, in lei, urla silenziosamente: “no”. Alice si stringe nelle spalle. Avverte la frustrazione di prima, ma decuplicata. Per un momento soppesa la possibilità di baciare Lisa a tradimento, ma la scarta subito: servirebbe solo a farla fuggire. Lentamente, mette via i trucchi. Mentre prepara il letto e trova una castigata camicia da notte per Lisa, la frustrazione si trasforma poco a poco in rabbia montante. Non può prendersela con l'amica, però, col suo sguardo spaventato e indifeso.
In fondo non può nemmeno prendersela con se stessa e coi propri desideri. No. È tutta colpa di Samuele. Alle due del mattino, Alice si sveglia da un sonno irrequieto, con nelle orecchie il rumore della porta di casa. Butta le lenzuola da una parte e si alza. Esce dalla propria stanza, e cammina scalza lungo il corridoio. Samuele è appena entrato, e sta togliendosi la giacca e i guanti di pelle. I loro sguardi si incrociano nella semioscurità.
“Ti avevo chiesto un favore. “”È troppo pericoloso” le ricorda lui. “Sta dormendo. Puoi farlo adesso. Ti prego! Io devo sapere cosa pensa. Perché ti costa tanta fatica?””È troppo pericoloso, t'ho detto!” ripete Samuele, alzando la voce. Alice non si dà per vinta. Gli si avvicina e, rapidamente, gli mette una mano tra le gambe. Basta un istante e sta già stringendo il pene eretto dentro ai pantaloni. “Cosa può succedere di tanto orribile?” gli sussurra.
“Giuro che io non farò niente. “Samuele resiste soltanto un momento, il tempo necessario ad Alice per muovere la mano sul suo cazzo, voluttuosamente, poi si muove verso la stanza da letto. Lisa dorme, il respiro regolare e il viso tranquillo, e lui rimane immobile a guardarla, nel silenzio pesante che ronza nelle orecchie. Alice scopre l'amica dal lenzuolo, poi le arrotola la camicia da notte sino ai fianchi e slaccia due bottoni denudando il seno florido.
Samuele si inginocchia e inizia a muovere le mani sulla pelle di Lisa: le tocca l'addome, il collo e il petto, delicatamente, e i capezzoli le s'inturgidiscono. Quindi Samuele arriccia il naso, corruga la fronte e digrigna i denti. Sembra trattenere il fiato, e intanto muove gli occhi sotto le palpebre come se stesse sognando. Alice assiste alla scena, il cuore che le martella nel petto e la tentazione di appoggiare una mano su di lui per condividere le visioni.
Quando sta per farlo, lui si alza di shitto ed esce dalla stanza. Alice lo segue e lo guarda appoggiarsi pesantemente al muro prima di cadere in ginocchio. Non l'ha mai visto così. “Che succede?” gli domanda. “Cosa hai visto? Anche lei mi desidera?”Samuele non risponde. Alice aspetta qualche istante, poi si decide ad afferrargli la nuca. L'immagine che la travolge è tanto violenta e perturbante che il primo istinto è quello di lasciare la presa.
Un mare di corpi, di vagine aperte, di cazzi eretti e luccicanti, un'orgia di urla e gemiti, uno sconfinato orizzonte di sessi che si penetrano ed eiaculano l'uno nell'altro. Alice comprende subito che quanto sta vedendo appartiene a Lisa, e non a Samuele. E dopo l'iniziale incertezza, ciò basta a eccitarla e spingerla all'azione. S'abbassa sul cugino, gli sbottona i pantaloni e gli prende il cazzo in bocca. “No” mormora lui, tentando persino di divincolarsi.
Ma ormai è troppo tardi. Alice ha vinto anche questa volta. Samuele, il volto ghignante, sveglia Lisa battendole il glande bagnato sulle guance e sulla fronte. Lei si lamenta con voce ansimante, aprendo gli occhi. Samuele l'afferra per il collo e la immobilizza. Alice fa altrettanto, tenendole le cosce a affondandole la lingua nella fica. Lisa inarca la schiena, come se i due l'avessero trafitta con uno spiedo. Poi, d'un tratto, sembra distendersi. Socchiude gli occhi e dischiude le labbra.
Samuele ne approfitta: le mette due dita in bocca, le tira verso il basso la mandibola, e le fa scivolare il pene turgido a filo dei denti. Alice allunga una mano sino a toccare la schiena di suo cugino. Attraverso il contatto della pelle, riceve le sensazioni di Lisa. Sente il cazzo di Samuele toccarle la gola, provocarle un conato; ma oltre la carne, o al di sotto di essa, sente soprattutto le sue barriere frantumarsi, le catene spezzarsi con uno schiocco di carne strappata, i sensi di colpa liquefarsi nel succo della fica che le viene succhiata.
Le gambe di Lisa, adesso, sono mosse dal solo desiderio di divaricarsi il più possibile. Le labbra si stringono intorno all'erezione di Samuele, la solleticano e la riempiono di un impeto a****lesco. Decine di bocche, dai pensieri di lui, vomitano immagini fluide nella mente sovraeccitata di Lisa. È come se entrambe quelle sensazioni, e le visioni che ne shituriscono – quelle di Samuele e quelle di Lisa – adesso appartenessero anche ad Alice, indistinguibili le une dalle altre.
Alice continua a leccare. Il clitoride dell'amica è gonfio, duro come un bottone. Lo mordicchia, lo spreme con le labbra e lo succhia meticolosamente. Le infila dentro due dita, affondandole in un risucchio di carne impiastrata. Trova la parte interna che al tatto è simile al palato e vi strofina i polpastrelli, con cura, sempre più veloce, avanti e indietro con le dita nella fica rossa e gonfia, finché non la conduce all'orgasmo. Lisa non riesce a urlare, perché Samuele le spinge il cazzo profondamente in gola.
Sbarra gli occhi, mentre il corpo intero trema come se fosse attraversato da una scossa elettrica. I pensieri che provengono da lei sono potenti come un tuono. Alice li scorge appena (di nuovo un mare di carne, ma stavolta simile a un'onda, a un vortice) prima di togliersi. Però vede l'effetto che hanno su Samuele. Lui scarica dentro la bocca di Lisa, urlando un grido che sembra provenirgli dal ventre. Si toglie e ruota la testa, come impazzito.
Lisa tossisce, ha un conato, e sputa gran parte dello sperma sulle lenzuola. Poi volge gli occhi verso Alice. Non sembra più lei. È come trasfigurata. “Cosa succede?” domanda Alice a Samuele, che cerca di calmarsi. “È cominciata. Ricorda che l'hai voluto tu” risponde lui. Le gambe gli tremano un momento. Si avvicina ad Alice, il volto nuovamente ghignante. “Guarda, cuginetta…” dice prima di toccarle la fronte. Alice vede che il mare di carne è diventato un unico, immenso, rifluire di grugni mostruosi, arti deformi, giganteschi tumori che esplodono come bolle e riversano pus su fiche scarnificate e cazzi irti di aculei.
Le sfugge un urlo, mentre allontana con uno spintone Samuele e la visione di cui s'è fatto messaggero. Guarda un momento Lisa, che la fissa sorridendo in modo folle, il mento sporco di sputo e sperma, i seni forse più grandi, le gambe apparentemente più muscolose, la vagina dischiusa e bagnata. “Ventiquattro anni di pulsioni frenate dai sensi di colpa. Ventiquattro anni di castità e paura e rigida morale” mormora Samuele, quasi compiaciuto, annuendo tra sé.
“Ventiquattro anni di timor di Dio! E questo è il risultato. “Lisa si alza e si avvicina ad Alice. Senza che lei possa reagire, l'afferra per i capelli e la trascina sul pavimento con sé. Le mette un ginocchio sullo sterno, tenendola ferma. Alice prova a dimenarsi, ma uno schiaffo di Lisa la convince a desistere. “Ora godiamo” ordina Lisa, la voce rauca. “E ora godete” le fa eco Samuele. Esce dalla stanza, e rientra con una sigaretta accesa e la videocamera.
Alice ha le labbra indolenzite, la lingua quasi insensibile, ma continua a leccare. Sente su di sé l'odore di Lisa, che adesso rivela una nota dolciastra e spiacevole, ferina. Sia lei che Samuele stanno assistendo alla trasformazione di Lisa. È come se la sua anatomia continuasse a cambiare impercettibilmente, ma sostanzialmente, ogni secondo che passa, come se la sua carne si stesse rimodellando: i seni sembrano ancora più pieni, lo sguardo ha qualcosa di furioso, il modo di muoversi è fluido, a****lesco.
Il corpo intero, lustro di sudore, sembra palpitare: un tremore lo attraversa, ritmico come il battito del cuore. “Cambiamo posizione” dice Lisa. Lei e Alice si mettono vagina contro vagina e cominciano a strofinarsi. Alice non sente quasi più nulla, tranne un bruciore persistente al clitoride, come se le fosse rimasto un pelo conficcato. Lisa si sposta di un palmo. Uno zampillo di orina bagna il seno di Alice, quindi raggiunge la bocca. Lei si volta, tossendo, i capelli bagnati.
“Basta. Non ce la faccio più. “Samuele si stringe nelle spalle. Le dà il cambio. Nonostante abbia preso del Viagra, l'erezione inizia a risultare debole. Ha già avuto quattro orgasmi. Riesce a mala pena a infilare l'uccello dentro Lisa, e a muoversi con ritmo lento. Serra le palpebre, disgustato da ciò che vede attraverso il contatto della pelle. “Sempre peggio. Vuoi dare un'occhiata?” propone ad Alice. Lei fa cenno di no col capo. Rimane immobile a guardare il cugino che tenta con ogni forza di soddisfare Lisa.
Poi senza pensarci, si passa la lingua sulle labbra. Gusta il sapore dell'orina, e fa per andare in bagno a vomitare. Samuele l'afferra per una caviglia. Alice sente qualcosa strisciarle su per la gamba. Guarda verso il basso, e vede il corpo di Lisa come fatto a pezzi, la pelle lacerata da cui fuoriescono organi genitali e fluidi corporei. Al posto degli occhi ha due lunghi cazzi affusolati, simili ad antenne di lumaca, che si muovono spasmodici, e tutta la parte inferiore del volto è spaccata in due a formare una sorta di vagina dentata.
Samuele la lascia andare. Lisa, davanti agli occhi di Alice, torna normale. Alice raggiunge il bagno appena in tempo per vomitare nel water. “Dov'è?” domanda rientrando nella stanza da letto. Samuele è solo, sdraiato sul pavimento a braccia larghe, la testa a un palmo dalla pozza di piscio. Pene e testicoli sembrano aggiunte un po' assurde sul suo corpo: un mucchietto di carne disossata, scura e grinzosa. “S'è stancata di noi. E se ne è andata.
” “Nuda?””No. Si è messa la tua roba. Il corpetto e la mini di velluto. Ah, si è presa anche i tuoi stivali. “Alice si siede sul letto. È esausta e dolorante. “Che ne sarà di lei?”Samuele solleva un sopracciglio. “Il suo corpo non le basterà più, e tra qualche giorno sentirà il bisogno di nuovi orifizi e roba del genere. Probabilmente si suiciderà. O si darà alla body art. “”Cazzo” Alice pensa agli stivali nuovi e gli viene da piangere.
Si sforza di non farlo, perché non vuole essere presa in giro da suo cugino. “La castità è la peggiore delle perversioni, perché è la maschera di tutte le altre, anche di quelle più innominabili e disumane. Maggiore è la castità, più grandi e orribili sono i mostri che ci portiamo dentro. L'ho sempre detto. “”E finiscila!” geme Alice. “Cosa vuoi che ti dica? Che avevi ragione?” “Uhm. Perché no? Sarebbe quanto meno onesto, da parte tua.
“Alice prova ad alzarsi dal letto, ma un crampo al polpaccio sinistro la immobilizza. “‘Fanculo! Perché a noi non succede? Perché i nostri mostri non si rivoltano e ci fanno a pezzi?”Samuele fa schioccare la lingua. “Pacifica convivenza, chiamiamola. Collaborazione. “C'è una lunga pausa di silenzio. Alla fine Alice sospira. “Va bene, cuginetto, scusami. Giuro che non lo faccio più. “”Bah. “”No, davvero, non lo faccio più. “Samuele sorride, poi comincia a ridacchiare. “L'avevi detto anche l'ultima volta.
“”Però basta! Ti ho chiesto scusa. “”Hey, tranquilla. In fondo stanotte mi sono divertito. Non come con quella racchia, la professoressa zoppa. Ti ricordi?””Sì” mormora Alice. “Ma il peggio… beh, il peggio è stato il prete. Che schifo indimenticabile! Un autentico orrore, quello. ” Samuele si alza dal pavimento, inarca la schiena e si massaggia i lombi. “Che fai? Provi a dormire un po'?”Alice annuisce. “Allora buon riposo, cuginetta. A domani. ” Prima di uscire dalla stanza, aggiunge.
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